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Questo articolo è stato pubblicato il 11 giugno 2012 alle ore 08:12.

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Dai campi alla tavola in Italia ogni anno si perde mediamente quasi un quintale di cibo a testa, il 16% di tutto ciò che si consuma. Uno "scontrino" dilapidato che vale 13 miliardi di euro. E tra le mura di casa una famiglia italiana in media "butta" nella spazzatura l'8% di quanto ha acquistato, senza consumarlo: 42 chili a testa. Gli italiani, comunque, vuoi per tradizione contadina, vuoi per un'atavica educazione al valore delle cose, si dimostrano più parsimoniosi di americani e inglesi, che sprecano una quantità di alimenti tre-quattro volte superiore.

Sta di fatto che lungo la filiera del cibo - produzione, trasformazione, distribuzione, ristorazione e consumo - l'industria agroalimentare produce 6 milioni di tonnellate di eccedenze alimentari, di cui il 92,5% diventa poi spreco. Uno spreco che - dimostra l'indagine «Dar da mangiare agli affamati» realizzata da Fondazione per la sussidiarietà e Politecnico di Milano, che viene presentata oggi a Milano, al 50% può essere recuperato e redistribuito ai poveri.
Dal campo alla tavola, lungo la filiera del cibo, si perde per strada il 16% di tutto ciò che si consuma: 94 chili di cibo a testa, più di 5,5 milioni di tonnellate all'anno, per un controvalore di circa 13 miliardi di euro.

E dopo aver riempito la borsa della spesa una famiglia italiana in media "butta" nella spazzatura l'8% di quanto ha acquistato, senza consumarlo: 42 chili a testa, sciupando così 117 euro a persona (in totale il valore economico dello spreco domestico ammonta a 6,9 miliardi).
Consoliamoci, però: negli Usa e in Gran Bretagna le famiglie sprecano tre volte tanto. Comunque, da campi e allevamenti, passando per la trasformazione, distribuzione, ristorazione e consumo, l'industria agroalimentare produce 6 milioni di tonnellate di eccedenze alimentari (il 17,4% dei consumi annui), di cui il 92,5% diventa poi spreco. Uno spreco che però può essere recuperato, come dimostra l'indagine «Dar da mangiare agli affamati. Le eccedenze alimentari come opportunità», che viene presentata oggi a Milano (si veda la scheda).

La ricerca, realizzata da Fondazione per la sussidiarietà e Politecnico di Milano in collaborazione con Nielsen Italia, sgombra il campo dai sensazionalismi e cerca, per la prima volta, di stimare la "mappa degli sprechi" di un settore, quello dell'agri-business, che vale il 10% del Pil italiano. E lo fa non con una bilancia che quantifica, diciamo così, "un tanto al chilo" il peso e il costo degli sprechi alimentari, bensì utilizza il "saggiatore" del rigore scientifico e statistico per misurare un fenomeno complesso, perché le eccedenze possono essere uno spreco ma anche una ricchezza.

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