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Questo articolo è stato pubblicato il 14 giugno 2012 alle ore 16:22.

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Le proteste di oggi al Cairo (Ap)Le proteste di oggi al Cairo (Ap)

Tutto, o quasi, da rifare. Con una sentenza schock, che farà discutere per molto tempo, la Corte costituzionale egiziana ha dichiarato non valida l'elezione di un terzo dei membri del Parlamento, che a questo punto, è la conseguenza della sentenza, va sciolto. A dare la notizia è stata a l'agenzia di stampa Mena, precisando che l'annullamento riguarda i deputati eletti col sistema maggioritario a causa dell'incostituzionalità della legge elettorale. Le conseguenze di tale decisione sono ancora più drastiche, e riportano indietro le lancette della rivoluzione. «La Corte costituzionale ha sancito che le elezioni parlamentari sono incostituzionali, e quindi l'intera composizione del Parlamento è da considerare illegittima sin dalla data dell'elezione».

Le scorse elezioni parlamentari, le prime democratiche e trasparenti da quasi mezzo secolo, dopo le dimissioni di Mubarak nel febbraio 2011, avevano segnato il trionfo dei partiti islamici, in particolare del movimento dei Fratelli musulmani, dichiarati illegali nei passati regimi. Un voto lungo e particolarmente complesso svolto in tre turni dalla fine di novembre scorso all'11 gennaio 2012 – che aveva stravolto l'assetto politico dell'ex regno trentennale di Hosni Mubarak. Il braccio politico dei Fratelli musulmani, il partito Libertà e Giustizia, aveva conquistato complessivamente 235 seggi, vale a dire il 47 per cento delle preferenze per la Camera Bassa egiziana, che conta 498 seggi. Ma la vera sorpresa è stata la netta affermazione del partito salafita Al Nour, il movimento integralista che non lascia dormire sonni tranquilli ai Paesi occidentali: il 24% dei seggi della Camera Bassa (120 rappresentanti eletti tra proporzionale e uninominale), mentre il partito liberale Al Wafd si era limitato al sette per cento. La legge elettorale per l'Assemblea del Popolo (Maglis al-Shabab, o Camera Bassa) prevede l'assegnazione di due terzi dei seggi con il sistema di lista, su base proporzionale.

Torna in campo l'esercito
Il consiglio supremo dell'esercito, che aveva gestito la transizione, ha già fatto sapere che da domani riprenderà in mano i poteri legislativi e formerà un comitato per scrivere la nuova Costituzione. La sentenza di oggi mette in discussione proprio l'assegnazione dei seggi uninominali. Non è ancora chiaro quale forza politica risentirà di più di questa decisione. Ma se dovessero essere penalizzati i partiti islamici è legittimo pensare, avvertono sin da ora gli oppositori dell'Esercito, che si tratti di una sentenza pilotata - un candidato escluso dal ballottaggio ha parlato di colpo di Stato - il cui fine sarebbe di ridimensionare l'ascesa al potere dei partiti islamici, vista con estrema allarme dagli ambienti laici e da quelli vicini ai militari per le loro posizioni intransigenti verso Israele (l'Egitto è uno dei due paesi musulmani ad aver siglato un accordo di pace con Israele, a Camp David nel 1978) .

Shafiq confermato al ballottaggio
Ipotesi rafforzata dal fatto che la Corte Costituzionale ha invece validato la candidatura alle presidenziali di Ahmed Shafiq, già premier durante la presidenza di Hosni Mubarak e che era stato riammesso all'ultimo momento alle elezioni presidenziali. Un'ammissione che aveva fatto discutere, così come aveva sollevato diverse perplessità la netta affermazione di Shafiq al primo turno, che aveva avuto la meglio sugli altri candidati andando così al turno di ballottaggio. La Corte ha infatti dichiarato incostituzionale la legge che vieta agli alti dirigenti del regime di Mubarak e agli alti funzionari del suo Partito nazionale democratico, oggi sciolto, di candidarsi agli uffici pubblici per 10 anni. La sentenza è stata pronunciata due giorni prima del ballottaggio presidenziale, il 16 e 17 giugno, tra Shafiq e il candidato dei Fratelli musulmani, Mohammed Mursi.

Il pericolo di gravi disordini
Com'era prevedibile, ora i sostenitori dei partiti islamici, in testa quello dei fratelli musulmani, la più grande formazione politica egiziana, scendono in strada per protestare quella che, ai loro occhi, è un tentativo di colpo di Stato da parte dell'esercito. Le sentenze della Corte costituzionale egiziana sono «un colpo di stato totale che annulla 16 mesi di storia della patria», commenta Mohamed Beltagui del comitato esecutivo del partito dei Fratelli Musulmani, Giustizia e Libertà.
Considerando le precedenti e violente manifestazioni di piazza, i prossimi giorni rischiano di gettare il Paese nel caos. L'ultima cosa di cui aveva bisogno il Nuovo Egitto

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