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Questo articolo è stato pubblicato il 19 giugno 2012 alle ore 07:11.

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Mario Monti e Felipe Calderon (Afp)Mario Monti e Felipe Calderon (Afp)

dal nostro inviato Gerardo Pelosi
LOS CABOS - Pioveva e faceva freddo il 3 novembre del 2011 a Cannes. Nei corridoi del G-20 Berlusconi e Tremonti quasi non si rivolgevano la parola. Il direttore del Fondo monetario, Christine Lagarde, era pronta ad inviare osservatori in Italia così come la Bce e l'Ue ma il "cavaliere" aveva in mente tutto un altro film: un Paese con i ristoranti stracolmi e i centri commerciali pullulanti di clienti. Sette mesi dopo - e per effetto di una cura da cavallo ancora non conclusa - l'Italia di Mario Monti è uscita da quel pericoloso cono d'ombra imboccando la strada delle riforme strutturali.

Fa caldo e splende il sole a Los Cabos ma i problemi non sono finiti. Non solo per noi, anche se veniamo guardati con maggiore rispetto e comprensione, né tantomeno per la Grecia che, dopo il voto, cerca di rimanere disperatamente aggrappata a Bruxelles e per la Spagna ancora in difficoltà. È tutta l'Ue, soprattutto i 17 dell'Eurozona ad essere qui sul banco degli imputati perché visti come fonte di contagio della crisi sull'economia globale. L'unica certezza imposta dalla spietatezza dei mercati e degli spread che non hanno creduto a una svolta nel voto greco pro-Euro, è che da soli, europei da una parte, Usa e Brics dall'altra non si va da nessuna parte.

Ecco perché il G-20 messicano, sia pure dalla debole leadership, torna a giocare quel ruolo di governance che aveva avuto il vertice di Londra nel 2009 per regole sulla trasparenza dei mercati dopo la crisi dei mutui americani subprime. Ora il presidente della Commissione Ue, Josè Manuel Durao Barroso, ricorda che l'Europa non accetta da nessuno «lezioni di democrazia o su come gestire l'economia». Mario Monti è più prudente. In lui fa premio la consapevolezza di essere il punto di equilibrio tra le due sponde dell'Atlantico. «Bisogna lavorare su crescita, riduzione degli squilibri macroeconomici e turbolenze finanziarie - dice il premier - ed è importante che ci sia un G-20 che rappresenta un'occasione per confrontarsi. Noi europei – aggiunge – siamo consapevoli dell'interdipendenza dei problemi e non abbiamo problemi a parlarne con gli altri ma sentiamo il diritto e la responsabilità di decisioni che vanno prese all'interno dell'Europa».

Certo, il risveglio di Monti tra i cactus e l'Oceano della Bassa California non è stato ieri dei più confortanti. Le notizie negative su spread e turbolenze dei mercati hanno riacceso i riflettori sull'Eurozona a poche ore dall'esito del voto in Grecia. «Vediamo che i mercati non sono convinti che basti solo il voto in Grecia» afferma Monti poco prima di immergersi in una fitta serie di bilaterali (con l'australiana Julia Jillard per parlare di Expo 2015, con il messicano Felipe Calderon sull'aumento di risorse al Fmi, con la brasiliana Dilma Roussef per evocare il caso Battisti e porre le basi per la commessa Fincantieri di 11 navi per 5,8 miliardi di Euro, con l'argentina Cristina Kirchner per Enel-Endesa).

Ma perché questa reazione negativa al voto greco? «I mercati - spiega il premier italiano che nella serata di domenica si è congratulato con Samaras - hanno in mente alcuni vizi d'origine sulla costruzione dell'euro che è compito degli europei sanare». Ma nessuno, aggiunge Monti sulla falsariga di Barroso, deve pensare che l'Ue sia «l'unica fonte del problema» che ha avuto «origine da squilibri in altri Paesi, tra cui gli Usa». Si tratta di un "compito intenso", a giudizio di Monti, quello che attende i leader Ue (anche immnaginando un'agenda che porti all'unione politica) in vista del vertice di fine giugno che verrà preparato dalla riunione del 22 giugno a Roma tra Monti, Merkel, Hollande e Rajoy.

L'obiettivo è «definire una chiara road map e interventi concreti per rendere l'Euro stabilmente più credibile e per impegni comuni sulla crescita». Ma è anche importante, secondo il premier, che tutti i Paesi facciano «i propri compiti a casa». È per questo che la cena di lavoro (saranno le prime ore di questa mattina in Europa) tra il presidente americano Barack Obama e tutti i leader europei del G-20 tranne il britannico David Cameron non dovrà trasformarsi in un "processo" all'Eurozona.

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