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Questo articolo è stato pubblicato il 26 giugno 2012 alle ore 22:40.

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NICOSIA - «Siamo molto vicini alla Grecia, per cultura, lingua e tradizioni, ma non siamo la Grecia. Non andremo certo in default. Per carità, speriamo che anche la Grecia non ci vada». L'analisi dell'uomo di strada cipriota, in questo caso Dimitri, taxista che ogni fa spola dall'aeroporto di Larnaka a Nicosia, riflette in buona parte l'opinione e le speranze dei ciprioti.
L'aria che si respira è pesante, inutile negarlo. Perché dopo Grecia, Irlanda , Portogallo e Spagna, l'isola di Cipro è il quinto paese dell'Unione europea ad aver rivolto una richiesta di aiuti a Bruxelles appellandosi al fondo salva stati.

Un flusso di liquidità che servirà innanzitutto a rimettere in piedi il sistema bancario, prima fra tutti la Cyprus Popular Bank, l'istituto di credito, il secondo del Paese, più esposto in Grecia. Ma gli aiuti del fondo salva Stati - la richiesta è stata fatta lunedì dal Governo cipriota - serviranno anche per rimettere in sesto le finanze di un Paese in difficoltà. Anche qui la crisi è stata piuttosto aggressiva. La disoccupazione dilaga, il deficit è ancora alto, l'inflazione si trova al di là di valori desiderabili, e i consumi si contraggono. La parola recessione non è più un tabù.

Di quanti soldi ha bisogno Cipro
L'ammontare dell'aiuto è ancora oggetto di discussione. Entro il 30 giungo la Popular bank avrà bisogno di 1,8 miliardi di euro. Una cifra a prima vista non così ingente, ma si tratta pur sempre del 10% del Pil nazionale. Non solo. La richiesta potrebbe essere di gran lunga superiore. In una giornata frenetica, nei palazzi del potere di Nicosia sono circolate ben altre voci. I fondi da chiedere potrebbero ammontare a sette, otto, se non 10 miliardi di euro (sembra 7 per le casse dello Stato e tre per le banche) , vale a dire oltre la metà del Pil della terza economia più piccola dell'Unione Europea, dopo Malta ed Estonia. Un Paese noto per essere stato a lungo un paradiso fiscale. E oggi, comunque, conosciuto per essere uno dei Paese della Ue dove le imprese godono di un regime di tassazione particolarmente vantaggioso: solo il 10%, un punto di forza del piccolo Stato, esteso quanto la Corsica, che ha sempre attratto gli investimenti stranieri.

Russia e Cina o Unione europea?
Il Governo cipriota ora è diviso. A chi chiedere gli aiuti? Le strade sono due, e qualcuno azzarda che siano percorribili entrambe. Rivolgersi per un prestito bilaterale a Russia e Cina, due potenze che a Cipro hanno molto interessi, soprattutto Mosca. Oppure avviare la procedura a Bruxelles. Il fatto che – corre voce a Nicosia - l'amministratore delegato di Popular Bank e un ministro del Governo - sembra quello del commercio - siano volati a Pechino fa propendere per l'idea che il Governo di Nicosia guardi con occhio particolarmente "benevolo" agli aiuti "extra Ue". .

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