Storia dell'articolo
Chiudi

Questo articolo è stato pubblicato il 11 luglio 2012 alle ore 16:13.

My24

Agganciare la ripresa non grazie a uno scudo anti spread - non ce ne vogliano il premier Monti o la cancelliera Merkel - né rivendicando a gran voce nuove politiche anticrisi. Per lasciarsi alle spalle la recessione basta un pizzico di bellezza, ecco tutto. Il 41,3% degli italiani - ricorda una ricerca del Censis, promossa dalla Fondazione Marilena Ferrari, presentata oggi - ritiene che il fatto di essere il Paese più bello del mondo sia il principale motivo di speranza per l'Italia. Ogni anno il valore aggiunto del bello al made in Italy è di oltre 74 miliardi. Il problema è che la bellezza italiana è sempre meno incisiva sul piano industriale: in dieci anni l'abbigliamento italiano ha perso l'1,5% del mercato mondiale, l'industria tessile si è lasciata alla spalle il 2,2%, nel settore delle calzature il bilancio vede un meno 4%, nella produzione di mobili abbiamo perso il 5,9 per cento, insomma perdiamo quote di mercato. Che fare?

Il bello made in Italy: una situazione paradossale
L'Italia, si sa, è la terra dei paradossi, e anche questa volta non facciamo eccezione: da una parte, rileva il Censis, siamo il primo Paese al mondo come patrimonio culturale; dall'altra proprio i settori manifatturieri che più dovrebbero sfruttare il patrimonio di bellezza presente in Italia e la considerazione internazionale dell'Italia riducono continuamente il loro peso nella produzione di ricchezza. E proprio nei settori trainanti della nostra economia, i settori del made in Italy legato alla bellezza, perdiamo costantemente quote di mercato internazionale.

Il bello? Produce il 5,4% della ricchezza italiana
Il bello non è solo qualcosa di piacevole a vedersi. È anche un asset economico, che pesa sulla produzione di ricchezza nel nostro Paese per circa il 5,4%, vale a dire che ogni anno il valore aggiunto prodotto dalla bellezza è pari a 74,2 miliardi di euro. Un "settore", osserva il Censis, che dà lavoro a un milione e trecentosettanta mila persone. Insommma: scrivi bellezza, leggi crescita. Tutto ok? Non proprio: la forza della bellezza nei settori produttivi, lamenta il Censis, si sta riducendo pian piano. Solo dieci anni fa, infatti, la capacità degli italiani di fare cose belle contribuiva a produrre il 6,1% del valore aggiunto nazionale e dava lavoro a un milione e quattrocentocinquantamila persone, vale a dire il 6,3% degli occupati. Insomma, oggi il contributo della bellezza è sceso, in termini reali e deflazionati, di circa 8 miliardi e gli occupati sono scesi di oltre ottantamila unità.

La bellezza fa da volano al made in Italy
La bellezza, riconosce il Censis, traina alcuni settori, si pensi, ad esempio, all'alimentare: l'incremento, in questo caso, è di circa il 5% del valore aggiunto prodotto, vale a dire poco più di 2,3 miliardi di euro. L'arricchimento è più rilevante nell'abbigliamento, dove la bellezza contribuisce a creare circa 3 miliardi di valore aggiunto o, ancora, nel calzaturiero con 2 miliardi prodotti ogni anno, per un valore complessivo, insieme al tessile di 6,8 miliardi. Un contributo non trascurabile viene dato anche nell'industria meccanica (5,4 miliardi), dove belle automobili e begli elettrodomestici hanno permesso all'Italia di competere sui mercati internazionali e di riequilibrare una minor competitività sul piano dei costi e a volte anche sul piano tecnologico.

Solo i beni culturali: un business da oltre 17 miliardi
In tutto questo, non bisogna dimenticare che la bellezza pesa per il 100% dell'intero comparto dei beni culturali, che da solo vale più di 17 miliardi: dal turismo culturale, ai musei, alle mostre, agli alberghi e ai ristoranti delle città d'arte.

«L'arte e la bellezza devono tornare a circolare»
È vero, riconosce il Censis, che il bilancio del ministero dei Beni Culturali è diminuito del 36% negli ultimi 10 anni, ma non è ovviamente l'unico problema. «L'arte e la bellezza - conclude l'istituto di ricerca - devono ricominciare a circolare, a innervare il Paese, a ispirare non solo gli addetti del settore, ma anche gli imprenditori, i commercianti, il mondo della comunicazione, deve tornare ad essere la molla del Paese, dobbiamo tornare a competere con la bellezza. Forse l'abbiamo usata troppo, logorandola un po', ma - conclude il Censis - ora bisogna dare forza a chi sa produrla». Per adesso c'è da attendere. La pazienza, dice il proverbio, è la virtù dei forti e, perché no, dei belli.

Commenta la notizia

Shopping24

Dai nostri archivi