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Questo articolo è stato pubblicato il 13 luglio 2012 alle ore 23:33.

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«Condanno nel modo più forte possibile l'uso indiscriminato dell'artiglieria pesante e il bombardamento delle aree popolate, anche con gli elicotteri», ha affermato il segretario generale riferendosi al massacro di Tremseh, dove secondo diverse fonti sono state uccise oltre 200 persone, tra cui diversi bambini.

«Questi atti di violenza sono una chiara violazione del piano in sei punti, delle risoluzioni del Consiglio di sicurezza 2042 e 2043 e della legge internazionale e sollevano seri sulle recenti espressioni di impegno da parte del presidente siriano Bashar al Assad nei confronti del piano in sei punti nel suo incontro con l'inviato speciale» dell'Onu Kofi Annan, ha aggiunto Ban nella nota.

Il segretario generale rivolge infine un appello «a tutti gli Stati membri» del Consiglio di sicurezza dell'Onu affinchè intraprendano «un'azione collettiva e decisiva per fermare la tragedia in atto in Siria. L'inazione diventa una licenza per ulteriori massacri».

È necessario che il Consiglio di sicurezza, conclude Ban, chiarisca «con tutti che ci saranno serie conseguenze se si continueranno a violare» le sue risoluzioni. In realtà il Palazzo di Vetro sembra non riuscire a produrre una nuova risoluzione per fermare il bagno di sangue, sembra bloccato dall'ennesimo braccio di ferro tra Russia da una parte, e Stati Uniti e Paesi occidentali dall'altra.

Intanto, e più che mai senza giri di parole, il segretario di Stato Usa Hillary Clinton punta il dito contro Bashar al Assad: Ci sono «prove indiscutibili che il regime a Tremseh ha deliberatamente assassinato innocenti civili». E questo, ha detto, rende ancora più urgente che l'Onu metta in chiaro che ci saranno conseguenze. Clinton ha anche chiesto un cessate-il-fuoco per consentire agli osservatori delle Nazioni Unite di entrare nel villaggio dove ieri sono state uccise secondo le testimonianze decine di persone.

«Chiediamo un immediato cessate-il-fuoco ad Hama e dintorni, per permettere alla missione degli osservatori dell'Onu di entrare a Tremseh. Chi ha commesso queste atrocità sarà identificato e ne dovrà rispondere», ha detto il segretario di Stato in un comunicato ufficiale.

Anche l'inviato Onu per la Siria Kofi Annan ha detto che è assolutamente necessario, anzi, «imperativo», che venga messo in chiaro che ci saranno conseguenze se la Siria continuerà a non rispettare le risoluzioni delle Nazioni Unite.

Anche Parigi preme affinchè l'Onu alzi la voce. «Bisogna essere più fermi, minacciando sanzioni del Consiglio di Sicurezza. È tempo che ciascuno si prenda le proprie responsabilità», ha detto il portavoce del ministero degli Esteri, Bernard Valero.

E da Bruxelles arriva la condanna della strage da parte dell' Alto rappresentante per la politica estera dell'Ue, Catherine Ashton, che in una nota ha chiesto che agli osservatori dell'Onu sia «garantito accesso immediato e senza ostacoli per verificare tutte le informazioni possibili sugli eventi di Tremseh» e ha affermato che «non ci può essere impunità» per gli autori di «atrocità» del genere.

Anche l'Italia, tramite il ministro degli esteri Giulio Terzi ha affermato di volere da parte delle Nazioni Unite «una missione pi— incisiva e muscolare, che possa avere anche la possibilità di difendersi».

Tuttavia, Mosca, che con Pechino ha già bloccato nei mesi scorsi due risoluzioni in Consiglio di sicurezza, continua a frenare: «Qualsiasi misura che potrebbe essere presa senza il consenso del governo (di Damasco) è fuori discussione», ha detto il vice ministro degli esteri russo Ghennadi Gatilov, riferendosi ad eventuali missioni di peacekeeping.

In questo quadro, anche oggi in Consiglio di sicurezza sono andate avanti le trattative su due testi differenti messi sul tavolo. Uno è della delegazione russa, e prevede il rinnovo per tre mesi del mandato della missione di osservatori, ma non prevede alcuna forma di pressione su Damasco o sulle forze ribelli.

A loro volta Usa, Gran Bretagna, Germania e Francia hanno proposto un testo che stabilisce un ultimatum di dieci giorni al regime di Damasco per smettere di usare le armi pesanti contro le citt… ribelli, altrimenti verranno imposte sanzioni.

Il Consiglio dovrà decidere entro il 20 luglio, quando scade il mandato di 90 giorni della missione di osservatori dell'Unsmis e quindi, nonostante tutto, le tappe della diplomazia sembrano forzate. Anche dall'incalzare di nuovi drammatici eventi sul campo.

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