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Questo articolo è stato pubblicato il 18 luglio 2012 alle ore 17:06.

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Questo colpo al cuore degli apparati di sicurezza siriani segna un punto di svolta simbolico e significativo nella guerra civile che oppone il regime del presidente Bashar Assad all'insurrezione armata. Per quanto sappiamo dalle notizie confermate finora dalla tv di Stato, nell'attentato del kamikaze al quartiere generale della Sicurezza nazionale a Damasco - siamo nella centrale zona di Rawda - sono morti il ministro della Difesa, il cristiano Daoud Raijha, il suo vice, Assef Shawkat, cognato di Assad (ha sposato l'unica sorella di Bashar, Bushra), e il generale Hassan Turkmani, ex ministro della Difesa e consigliere della presidenza. Feriti gravemente anche il ministro dell'Interno Al Shaar e il capo degli 007 Hisham Bekhyar.

In poche parole è stato quasi decapitato il vertice degli apparati repressivi del regime, dai responsabili delle forze armate a quelli del Mukhabarat, i servizi segreti che in Siria sono una piovra ramificata in tutti i settori della società.

Rimangono a fianco di Bashar altri uomini importanti ai quali l'erede di Hafez Assad aveva affidato negli anni scorsi gli affari interni del Paese, primo tra tutti il fratello Maher, capo delle famigerate Brigate Speciali, comandante della Guardia Repubblicana e descritto come un personaggio violento e instabile. Si tratta ovviamente di un successo importante per la guerriglia che si è subita attribuita il merito dell'attentato e lo ha collegato all'offensiva "Vulcano" lanciata in questi giorni nella capitale. «ll kamikaze indossava una cintura esplosiva ed era un insospettabile» ha affermato Bassam al Dada, consigliere politico del Libero Esercito Siriano, un'indiscrezione confermata da fonti delle forze di sicurezza siriane. Nella corsa alla rivendicazione è anche spuntato su Facebook un gruppo islamista, "Liwa al-Islam", indicativo del fatto che il fronte dell'opposizione, nonostante il clamoroso successo colto oggi, rimane assai variegato.

Si intensificano i dubbi sulla capacità di questo regime di resistere e di proteggere gli stessi capi degli apparati di sicurezza: prima l'interrogativo era "se" questo regime sarebbe caduto, adesso la domanda è "quando" crollerà. Le defezioni si stanno facendo sempre più numerose e importanti: almeno una ventina di generali, tra cui Manaf Tlass, figlio dell'ex ministro della Difesa Mustafa, hanno abbandonato Assad e ci sono state diserzioni importanti anche tra esponenti sunniti come l'ex ambasciatore in Iraq, Nawaf Fares, che costituiva uno degli anelli di congiunzione tra il potere degli alauiti e l'élite sunnita che costituisce la maggioranza tra i musulmani siriani. La potenza di fuoco delle forze armate siriane potrebbe non bastare a fermare la disgregazione del regime.

L'altro interrogativo è cosa faranno gli alauiti, la setta musulmana eterodossa, il 10% della popolazione, che rappresenta il nucleo duro dei sostenitori del regime. È probabile che anche se cadesse Assad continueranno qualche forma di resistenza armata puntando sulle divisioni settarie. L'accanimento con cui stanno colpendo alcune aeree sunnite indica che intendono creare delle zone omogenee da difendere: una sorta di "cintura alauita" dove continuare la lotta. Vedremo adesso come gli eventi di Damasco influenzeranno gli sforzi diplomatici di queste ore per arrivare a una risoluzione Onu sulla Siria.

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