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Questo articolo è stato pubblicato il 26 luglio 2012 alle ore 09:30.

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«Qual è la via di uscita? A due anni di distanza dall'inizio della crisi dell'euro, mi sento di riproporre la tesi sostenuta il 9 maggio 2010: un euro a due velocità. Due anni fa, quando lo scrissi, molti mi presero per pazzo, ma l'idea si sta diffondendo sempre di più. Non sarebbe una soluzione facile, ma tra le varie vie di uscita, è di gran lunga quella meno traumatica».

Luigi Zingales conclude così la sua introduzione originale a «I mercati», quinto volume della collana «La Grande Crisi e i temi dell'economia raccontati dalle firme del Sole 24 Ore» (in edicola domani con il Sole 24 Ore a 0,50 euro).

Il libro raccoglie una selezione di editoriali scritti dall'economista dell'Università di Chicago a partire dalla primavera 2010 – al deflagrare della crisi greca – fino all'ultimo vertice Ue di Bruxelles per la stabilizzazione dell'euro. «Nell'era dello spread minuto-per-minuto, chi ha bisogno di una raccolta retrospettiva di articoli? Con il rapido susseguirsi degli eventi, molti pezzi sono datati prima ancora di raggiungere l'edicola, figuriamoci uno o due anni dopo. Eppure quest'idea del Sole ha – scrive Zingales - un valore. Troppo spesso la crisi dell'euro è stata vista come un'aberrazione, una temporanea deviazione dalle magnifiche sorti e progressive di una Europa sempre più unita».

Qual è l'impianto della «lunga riflessione» di Zingales? Per capire questa crisi bisogna innanzitutto liberarsi dall'idea che sia semplicemente il risultato di perfidi speculatori. La maggior parte dei politici pensa che i mercati siano stupidi: stupidi nel prevedere il futuro e stupidi nel credere alle dichiarazioni di intenti che i politici fanno. Credendo in questa stupidità vanno alla ricerca del mitico «bazooka» per sottomettere i mercati. Un'arma così potente, che non occorre usarla, basta mostrarla per mettere in fuga gli speculatori. E siccome i mercati sono stupidi, questa arma non occorre neppure averla, basta fingere di averla e la speculazione sparisce e con essa tutti i problemi sottostanti. Purtroppo non è così».

L'euro – osserva Zingales - doveva nascere a coronamento di un processo di integrazione economica e culturale. Perché una moneta comune funzioni, non basta avere un'area di libero scambio. Occorre che all'interno di quest'area ci sia un simile livello di sviluppo economico ed amministrativo, un'ampia mobilità del lavoro, ed esistano meccanismi di compensazione fiscale per le regioni più duramente colpite da uno shock».

Zingales re-introduce le «riflessioni draconiane» pubblicate assieme a Roberto Perotti sul Sole-24 Ore nell'estate del 2011, come premessa al Manifesto per lo sviluppo: «Avanzammo una serie di proposte e ammonimmo il governo che se il governo non le approva subito sarà costretto ad adottarle dopo e non basteranno. Purtroppo la storia che segue ci ha dato ragione. Molte delle riforme introdotte dal governo Monti tra il dicembre del 2011 e il luglio di quest'anno ricalcano quella lista. Ma sono state adottate troppo tardi e non hanno risollevato sufficientemente la fiducia dei mercati nei nostri confronti».

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