Storia dell'articolo
Chiudi

Questo articolo è stato pubblicato il 29 luglio 2012 alle ore 08:12.

My24


Perché Bashar Assad non può perdere Aleppo e i ribelli si batteranno fino all'ultimo per conquistarla? Questo è il maggiore centro economico sull'asse che a sud collega Hama, Homs e Damasco, è la colonna vertebrale della Siria, privato di questo pilastro il regime è destinato a diventare un'entità evanescente. Per i ribelli Aleppo è la chiave del Nord che può segnare una svolta internazionale della guerra civile: se gli insorti tengono la città potranno controllare un corridoio di oltre 60 chilometri fino al confine con la Turchia, creare un'area semi-liberata e giustificare un'eventuale "fascia di sicurezza" con il sostegno di Ankara o una "no fly zone" con l'imprimatur dell'Onu.
Per tutti questi motivi Aleppo, dove l'esercito sta lanciando una forte offensiva assediando gli insorti con carri armati e raid aerei, è il terreno di scontro di più di una battaglia militare e diplomatica. La Siria, come il confinante Iraq, è una sorta di Jugoslavia araba in via di disgregazione: Est e Ovest si confrontano per strapparsela con un corteo di bellicosi alleati regionali che si collocano nell'arco sunnita per gli anti-Bashar - Turchia e monarchie del Golfo - e in quello sciita per i filo-regime, l'Iran e gli Hezbollah libanesi.
Non è un caso che il presidente francese François Hollande ieri abbia chiesto per Aleppo l'intervento del Consiglio di Sicurezza rivolgendosi direttamente a Russia e Cina perché trovino una soluzione «per esautorare Assad e formare un Governo di transizione».
La replica della Russia è stata brusca: «Ma come si può pensare che il governo siriano dica: "Va bene, andate avanti, rovesciatemi". Sono richieste insensate», ha dichiarato il ministro degli Esteri Sergeji Lavrov. «Il prezzo di tutto questo sarà ancora sangue», ha aggiunto, riferendosi all'appoggio dei Paesi occidentali ai ribelli. Non solo, il ministro di Putin ha escluso che la Russia possa garantire asilo a Bashar, un'ipotesi - definita come «una provocazione» - che poteva far intravedere una soluzione negoziata della crisi. Lavrov ha soltanto confermato che continuano i contatti con l'opposizione Consiglio nazionale siriano (Cns), un fronte eterogeneo e assai diviso sulla possibilità di una transizione che includa membri del vecchio regime.
In questa grande storia, dolorosa e sanguinante, dove la Siria e il suo popolo sono diventati comunque una posta della nuova guerra fredda, si inserisce la vicenda dei due tecnici italiani liberati ieri a Damasco: si tratta di Oriano Cantani, 64 anni, e Domenico Tedeschi, di 36. I due, che lavoravano alla centrale Ansaldo di Deir, a 30 chilometri dalla capitale, erano stati sequestrati otto giorni fa da un gruppo di uomini mascherati. Sarebbero stati liberati dalle forze siriane ma i contorni di questo episodio restano oscuri: parleranno, hanno detto, quando torneranno in Italia.
Le vicende siriane, oggi come in passato, sono sempre circondate da un alone di mistero, perché il regime ha sempre mescolato le carte e fatto trapelare ben poco di quello che accadeva dentro.
Aleppo, per esempio, fu a lungo uno dei centri ostili al potere degli alauiti e del partito Baath: qui dal 1979 al 1982 fu repressa, come a Hama, una sollevazione dei Fratelli Musulmani e la città venne stritolata nella morsa del Mukabarat, i servizi di sicurezza. Hafez Assad, il padre di Bashar, diffidava di Aleppo, a maggioranza sunnita, dominata da grandi famiglie capitaliste che non concedevano nulla al regime né si concedevano all'ascesa degli alauiti, una setta minoritaria che ritenevano eretica e formata da una classe sociale inferiore. Bashar, con alcune misure economiche e qualche abile manovra, era riuscito a catturare i favori di una città che oltre alla maggioranza sunnita è popolata da un 20% di curdi e da circa un 10-12% di cristiani, 300mila su due milioni e mezzo, tra i quali molti sono armeni.
Aleppo, ricca e conservatrice, timorosa dei bruschi cambiamenti che possano danneggiare gli affari, è rimasta fuori a lungo dall'ondata delle proteste. Le cose sono cambiate quando la guerriglia si è impadronita dei villaggi del Nord e delle aeree rurali, penetrando così in alcuni quartieri periferici popolati da nuovi immigrati della provincia, una cintura della povertà nelle zone di Salaheddin, Tareq al Bab, Sakkour, dove ribelli e lealisti combattono ferocemente.
Il futuro del Levante ottomano, la Siria storica e politica, che si estende dal Mediterraneo al Golfo del petrolio, il cuore del Medio Oriente, adesso si gioca qui ad Aleppo, come un tempo, sulla Via della seta, se la disputavano il nipote di Gengis Khan e Tamerlano. La distruzione ora arriva dall'alto con gli elicotteri d'attacco russi M25 dotati di 64 razzi e capaci di esplodere raffiche di duemila colpi. Un terrore nuovo che fa tremare l'acropoli con i suoi cinquemila anni di storia.
© RIPRODUZIONE RISERVATA

Shopping24

Dai nostri archivi