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Questo articolo è stato pubblicato il 31 luglio 2012 alle ore 13:51.

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«Addio, incredible India», titolava un mese fa il britannico Economist in un'analisi sul rallentamento dell'economia indiana. «Incredible India» era lo slogan di una campagna pubblicitaria di pochi anni fa, sottolineava la speranza di un Paese di stupire, di unire alle proprie ricchezze anche quella di un balzo nella crescita, tanto da raggiungere la Cina. Un miracolo che ora sembra un miraggio, già scriveva in giugno il settimanale britannico: l'obiettivo di una crescita a due cifre avrebbe potuto alleviare la povertà di decine di milioni.

Ma alla crisi globale si sono unite grandi responsabilità interne, e il black-out che per due giorni ha paralizzato 22 stati e più della metà della popolazione indiana – 680 milioni di persone – è più eloquente di ogni analisi sul rallentamento dell'economia. Powerless India, sono le parole che ripetono le tv indiane. India senza elettricità, ma anche India impotente.

Le interruzioni di corrente non sono certo una novità in India, ma questa volta il black-out è stato il peggiore di tutti, e ha spento più di metà del Paese: lunedì gli Stati del Nord, compresa Delhi, martedì – cominciando alle 13 ora locale - ancora gli stessi ma anche l'India orientale, e con lei alcune zone di Calcutta. Centinaia di milioni di persone bloccate, tra loro centinaia di uomini in tre miniere del Bengala occidentale. Tratti in salvo solo dopo diverse ore.

Infrastrutture inadeguate
Infrastrutture bisognose di investimenti non riescono a tenere il passo con le esigenze di un'economia moderna, e della crescita che l'India si augurava. «Il sistema oggi è crollato prima ancora che riuscissimo a capire le ragioni del blocco del giorno precedente», ha spiegato R.N. Nayak, presidente della corporation che gestisce il sistema elettrico nazionale. La rete di distribuzione non avrebbe retto all'utilizzo di elettricità di diversi Stati, prevalentemente agricoli, costretti ad aumentare i consumi per ovviare al caldo e alla carenza d'acqua, colpevole un monsone inadeguato.

A Delhi ancora una volta si è fermata la metropolitana, i treni evacuati; gli uffici e gli ospedali – come l'aeroporto internazionale di Delhi – hanno acceso i propri generatori, ma i trasporti sono precipitati nel caos. E se i grossi stabilimenti si alimentano con sistemi propri, le piccole imprese non sono protette, e sono state costrette a chiudere. Da solo il Sistema elettrico settentrionale copre più di 300 milioni di persone, dalle montagne dell'Himachal Pradesh alle pianure del Gange nell'Uttar Pradesh, lo Stato più popoloso dell'India. Ma si sono fermati anche il Rajasthan, il Punjab, Haryana.

Con le reti orientale e nord-orientale (tra gli altri West Bengal, Bihar, Orissa, Jharkhand) è rimasta coinvolta più della metà della popolazione indiana, di 1,2 miliardi di persone, mentre il carico complessivo delle tre reti, in ora di punta, è di 46mila megawatt. L'India è stata costretta ad alimentarsi dal Bhutan: a notte la corrente era tornata a Delhi e in diversi stati del Nord, ma non ovunque.

Mani legate per la Reserve Bank
Se questi giganteschi black-out hanno fatto esplodere l'urgenza di un rinnovamento delle infrastrutture, le altre notizie in arrivo dall'India sono la prova di quanto sia difficile e complesso questo momento. Per la seconda volta consecutiva la Banca centrale ha lasciato invariati all'8% i tassi di interesse, preoccupata dall'andamento dell'inflazione al punto da non cedere alla tentazione di aiutare la crescita, scesa nel trimestre di marzo al 5,3%, minimo di nove anni.

L'inflazione invece è stata rivista al rialzo per l'anno fiscale che terminerà a marzo 2013, dal 6,5 al 7%: rendendo ancor più difficile per il Governo di Manmohan Singh la prospettiva di una riduzione dei sussidi sul carburante, passo necessario per aiutare una riduzione del deficit fiscale, al 5,76% del Pil.

Un carico che complica la possibilità di misure e investimenti a sostegno della crescita, e del rilancio delle infrastrutture, a cominciare dall'energia. Meno comprensibile, nell'ambito di un rimpasto che ha visto tornare alle Finanze Palaniappan Chidambaram, è stata una promozione di fatto del ministro dell'Energia, Sushilkumar Shinde, a cui – in pieno black-out – sono stati affidati gli Interni.

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