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Questo articolo è stato pubblicato il 09 agosto 2012 alle ore 10:15.
L'ultima modifica è del 09 agosto 2012 alle ore 10:24.

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Pier Luigi Bersani (Fotogramma)Pier Luigi Bersani (Fotogramma)

«La prima cosa che intendo dire all'Italia e all'Europa è che noi siamo quelli dell'euro, siamo quelli dei governi Prodi, Amato, D'Alema che fecero fede in condizioni difficili a tutti i patti internazionali, europei e occidentali, che siamo quelli di Ciampi e Padoa-Schioppa». Pier Luigi Bersani sa che la sfida più grande per lui è ormai arrivata.

Mancano sette-otto mesi alla chiusura della legislatura, ma ormai la corsa in vista delle elezioni è partita. Chi vuole avere chance per andare al governo deve mettere sul tavolo le carte migliori che ha a sua disposizione. Bersani è tra i più accreditati. Lui lo sa. E ha scelto il Sole 24 Ore per provare a spiegare agli elettori italiani, all'Europa e ai mercati perché devono fidarsi del centro-sinistra dopo i buoni risultati del governo Monti.

Bersani, non c'è il rischio che i prossimi mesi siano occupati dalla campagna elettorale, proprio mentre il Paese è ancora chiamato a scelte difficili?
È intanto utile, in questi mesi che ci avvicinano a un appuntamento elettorale, come avviene in tutte le democrazie del mondo, dare messaggi molto chiari sui temi di fondo: lealtà al governo Monti, lealtà verso il grande obiettivo europeo, responsabilità nella tenuta dei conti, nella riduzione del debito e nella costruzione di un avanzo primario. Contro ogni deriva regressiva e populista intendiamo fare barriera forte. Detto questo, vogliamo arrivare all'appuntamento elettorale dicendo la nostra, sull'Europa e sull'Italia.

Partiamo dall'Europa, deve fare di più. Ma come e in che direzione?
L'Europa così come gira non va bene. Io credo innanzi tutto che il dibattito con le opinioni pubbliche europee vada spostato dalle tecnicalità economiche al tema di fondo che è culturale e politico. Il patto iniziale fu la riunificazione della Germania dentro una Europa forte. Se si rompe quel patto andiamo verso l'incognito. Purtroppo in questi anni abbiamo visto diffondersi, sotto l'influsso della globalizzazione, un'ideologia di destra per cui chi è forte pensa che chi è debole gli stia svuotando le tasche. È una ideologia pericolosa, l'abbiamo vista anche nelle reazioni all'intervista di Monti, al di là della frase più o meno felice sui parlamenti.

Intanto il clima con la Germania diventa sempre più teso. È giusto secondo lei attribuire ai tedeschi responsabilità su quello che sta avvenendo?
Non va bene fare guerre con la Germania. Noi paesi cosiddetti periferici dobbiamo riconoscere che dopo l'euro non abbiamo fatto i compiti a casa, non abbiamo approfittato del l'abbassamento dei tassi. Secondo me questo è avvenuto per responsabilità di Berlusconi, ma come Paese dobbiamo riconoscerlo. La Germania deve riconoscere, però, che tutto quel che ha guadagnato dall'euro, ed è tantissimo, può anche perderlo e che una famiglia non si salva ammazzando qualche familiare. Quindi va fatto valere un discorso di corresponsabilità. Solo così l'Europa farà passi avanti e li farà fare a tutti noi.

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