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Questo articolo è stato pubblicato il 12 agosto 2012 alle ore 15:23.

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Bruno FerranteBruno Ferrante

A Taranto si fa ancora più incandescente il braccio di ferro tra Ilva e magistrati, dopo la nuova ordinanza del gip Patrizia Todisco (recapitata ieri sera all'azienda) con la quale il presidente Bruno Ferrante viene rimosso da custode e amministratore (compito che gli era stato affidato dal Riesame) dei sei impianti delle aree a caldo sequestrati.

Per il Gip Ferrante è incompatibile con il ruolo di custode
«Le circostanze si qui esposte - scrive il gip nell'ordinanza di ieri, facendo riferimento all'annunciato nuovo ricorso dell'Ilva contro l'ordinanza del 10 agosto - rendono manifesta l'incompatibilità" di Ferrante "con l'ufficio pubblico di custode e amministratore delle aree e degli impianti dello stabilimento sottoposte a sequestro preventivo, stante il palese conflitto di interessi» del presidente dell'azienda.

Nominato Mario Tagarelli
Viene nominato al suo posto Mario Tagarelli (presidente dell'Ordine dei commercialisti di Taranto), in aggiunta ai tre ingegneri già incaricati (Barbara Valenzano, Emanuela Laterza e Claudio Lofrumento). A Ferrante rimangono solo i compiti di attuare le misure dell'autorizzazione integrata ambientale (Aia) per le aree non soggette a sequestro.

Ennesimo colpo di scena
È l'ennesimo colpo di scena nella vicenda, dopo che lo stesso gip il 10 agosto aveva fatto notificato all'Ilva un'ordinanza interpretativa della sentenza del Tribunale del Riesame, nella quale si sottolineava che i giudici del Riesame non hanno previsto «alcuna facoltà d'uso degli impianti a fini produttivi». E che, per questo, prima di riprendere la produzione negli impianti sequestrati, l'Ilva deve adottare in breve tempo «tutte le misure tecniche necessarie a scongiurare il protarsi delle situazioni di pericolo e ad eliminare le stesse, situazioni in ragione delle quali il sequestro preventivo è stato disposto e confermato».

Uno studio conferma i rischi per la salute: maggiore del 15% l'incidenza di tumori, con un picco del 30% per quelli al polmone
È maggiore del 15% l'incidenza dei tumori nell'area del sito dell'Ilva di Taranto, con un picco del 30% in più per quelli al polmone: i dati saranno presentati al ministero della Salute a metà settembre prossimo. Il ministro Renato Balduzzi riceverà nei prossimi giorni nuovi dati sul rischio dal Centro per il controllo delle malattie.

Comitato dei cittadini: servono 20 miliardi, paghi lo Stato
«Taranto è una bomba pronta a scoppiare: il gip ha imposto 416 prescrizioni per la bonifica dell'Ilva e per risanare la città servono almeno 20 miliardi. La famiglia Riva non pagherà mai una cifra del genere e andrà a produrre all'estero: lo Stato deve evitare che questo avvenga e farsi carico del costo di questa immensa discarica a cielo aperto dove è stato prodotto il 50% dell'acciaio italiano con beneficio per tutto il Paese e costi pagati solo dai lavoratori e dai tarantini», ha affermato Massimo Battista, operaio Ilva e uno dei fondatori del Comitato cittadini liberi e pensanti di Taranto, l' organizzazione che si batte per il risanamento e l'occupazione. Domani pomeriggio 'Liberi e pensantì si riunirà per decidere le iniziative da intraprendere. «Il governo ha pagato 35 miliardi per i nuovi caccia e non c'è nessuna guerra. Qui a Taranto di miliardi ne bastano 20, per tornare a vivere e respirare, e nei lavori di bonifica possono essere impiegati gli stessi operai dell'Ilva. Per Porto Marghera che è infinitamente più piccola di Taranto, sono stati spesi cinque miliardi in bonifica. È ora di fare la stessa cosa anche per questa città che è una Cenerentola d'Italia, devastata da Ilva, Cementir, Eni, Marina Militare, solo per citare i maggiori insediamenti inquinanti. Eppure la disoccupazione è al 40 per cento».

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