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Questo articolo è stato pubblicato il 17 agosto 2012 alle ore 18:49.
Per il premier Monti l'Italia è «in stato di guerra» per colpa dell'evasione fiscale. Una battaglia che in futuro si potrebbe giocare in rete, anche sulla spinta delle scelte degli altri. Le autorità fiscali britanniche, ad esempio, hanno pubblicato una serie di fotografie dei "most wanted" dal fisco. Sono così finiti su internet gli evasori delle tasse più ricercati: quelli che l'Hmrc (Her Majesty Revenue and Customs) considera responsabili di evasione e frodi (riciclaggio, contrabbando) per 765 milioni di sterline. In Italia ad oggi non c'è una legge che dà la possibilità di pubblicare online questo genere di contenuti. La politica potrebbe però invertire la rotta, con conseguente cambio delle regole e di registro.
Evasori online, Grecia apripista
All'inizio dell'anno la Grecia ha messo in rete nomi e cognomi di circa 4mila persone e aziende che hanno sottratto all'erario oltre 14 miliardi di euro. Considerando che l'Italia si caratterizza per una quota elevata di economia sommersa - l'Istat stima, con riferimento al 2008, una forbice compresa tra 255 e 275 miliardi di euro, ovvero tra il 16,3% e il 17,5% del Pil - l'idea di seguire gli inglesi potrebbe essere presa in considerazione. Peraltro, questa soluzione non è nuova a via XX settembre: con Giulio Tremonti ministro dell'Economia, uno dei gruppi di lavoro che erano stati incaricati di preparare il terreno alla riforma fiscale - quello su «Economia non osservata e flussi finanziari» presieduto dal presidente dell'Istat Enrico Giovannini - ha avanzato la proposta di pubblicare la lista di coloro che non versano alcuna imposta. «Pur concordando sul valore dissuasivo che la pubblicità dei redditi può avere in materia di evasione fiscale - si legge in un report del gruppo - tuttavia ne andrebbero approfonditi gli aspetti di attuazione». Il problema è rappresentato «dalle ricadute in termini di sicurezza», mentre il gruppo ha ritenuto che il rispetto delle norme sulla privacy non dovesse costituire un ostacolo. La soluzione poi non è stata recepita nel disegno di legge delega che, dal 15 giugno, è all'esame della Commissione Finanze della Camera.
Rischio gogna pubblica per l'evasore
Il problema principale è quello della sicurezza della persona messa online, che sarebbe a rischio. Mettere su internet la foto di un evasore fiscale, spiega l'avvocato Paolo Galdieri, penalista, significherebbe di fatto esporlo a delle situazioni di pericolo: «considerato che per evasione fiscale, in Italia, non si va in carcere si rischia di esporre la persona alla gogna pubblica». Nell'ipotesi in cui - ragionando per assurdo - la foto venisse pubblicata su un sito privato, l'evasore potrebbe agire per tutelare il danno all'immagine, sotto il profilo civilistico, ma potrebbe esserci anche margine per la diffamazione, con conseguente risarcimento del danno. Se invece la foto venisse pubblicata su un sito "pubblico", quale potrebbe essere ad esempio quello del ministero delle Finanze, vorrebbe dire che c'è stata fatta una legge che consente la pubblicazione su internet di questo tipo di contenuti, e allora la possibilità di ottenere un risarcimento sarebbe più contenuta. In Italia una legge di questo tipo non esiste.
Il precedente: online le dichiarazioni dei redditi 2005
Esiste però un precedente: la pubblicazione nel 2008 sul sito dell'agenzia delle Entrate delle dichiarazioni dei redditi per l'anno 2005 di tutti i contribuenti italiani. In pochi minuti il sito è andato in tilt: troppo grande la curiosità di sapere quanto dichiarava il collega o il vicino di casa. In quell'occasione il Garante per la privacy è intervenuto per bocciare l'operazione, considerandola «illeggittima». L'uso di uno strumento come Internet, ha osservato, «rende indispensabili rigorose garanzie a tutela dei cittadini. L'immissione in rete generalizzata e non protetta dei dati di tutti i contribuenti italiani (non sono stati previsti "filtri" per la consultazione) ha consentito, in poche ore, a numerosissimi utenti - non solo in Italia ma in ogni parte del mondo - di accedere a innumerevoli dati, di estrarne copia, di formare archivi, modificare ed elaborare i dati stessi, di creare liste di profilazione e immettere ulteriormente dati in circolazione, ponendo a rischio la loro stessa esattezza». L'Authority ha tuuttavia lasciato aperto uno spiraglio: se i dati riguardano persone che, per il ruolo svolto, sono o possono essere di sicuro interesse pubblico i mezzi di informazione hanno il diritto/dovere di renderli noti, purché tali dati vengano estratti secondo le modalità attualmente previste dalla legge. Nel caso inglese, va comunque sottolineato, sono stati messi online dati che, per quanto "sensibili", lo sono meno - sotto il profilo della tutela della privacy - di un volto umano. Sulla base di queste argomentazioni, la strada per replicare in Italia l'esperienza di Londra sembra dunque in salita.
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