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Questo articolo è stato pubblicato il 18 agosto 2012 alle ore 08:13.

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«Mosca, XXI secolo - titola il sito russo di notizie newsru.com -: due anni di colonia penale per dei "balzi demoniaci"», una delle espressioni di cui era infarcito il verdetto che in tre ore, nel Tribunale Khamovniceskij di Mosca, ha descritto le ragioni per cui Maria Aliokina, Nadezhda Tolokonnikova e Ekaterina Samutsevich meritano due anni di carcere. Solo dopo la lettura della sentenza, neanche un'ora dopo, la Chiesa ortodossa ha pronunciato le parole attese per settimane: la preghiera alle autorità «di mostrare misericordia - nell'ambito della legge - verso le condannate, nella speranza che non ripetano il gesto sacrilego». Difficile dire ora se il Consiglio supremo del Patriarcato voglia così incoraggiare Vladimir Putin a una riduzione della pena o a una grazia - che le Pussy Riot, respingendo la propria colpevolezza, non intendono chiedere.
Sorridenti, nella stessa gabbia di vetro in cui venne condannato per la seconda volta Mikhail Khodorkovskij Nadia, Katia e Masha hanno raccolto da lui il testimone di prigioniere politiche: le hanno condannate a due anni di reclusione - di fatto uno e mezzo, poiché hanno già scontato sei mesi in custodia cautelare - per aver offeso la fede ortodossa quando il 21 febbraio scorso si presentarono con maschere colorate, «abbigliamento inappropriato» e chitarre sull'altare della Cattedrale di Cristo Salvatore a Mosca, inscenando quella che hanno chiamato preghiera punk alla Madonna, un'invocazione a liberare la Russia da Putin. Teppismo istigato a odio religioso, questa era l'accusa per cui erano stati richiesti tre anni di reclusione e che il giudice Marina Sirova ha ripetuto per ore nei dettagli tenendo ben separato il fronte religioso da quello politico: anche se durante il processo le Pussy Riot avevano chiarito che il loro gesto nasceva da motivazioni politiche e aveva come obiettivo il regime e la collusione tra Stato e Chiesa, non il sentimento religioso dei credenti.
Affermazioni scartate dai giudici, come se Putin avesse voluto tenere le distanze dal caso giustificando una condanna tanto severa con la necessità di difendere la religione ortodossa, e non attribuendola a intolleranza verso un atto di dissenso. Secondo Marina Sirova, le tre ragazze in Chiesa non pronunciarono neppure il nome del presidente, aggiungendo l'invocazione «Vergine Maria, liberaci da Putin» soltanto dopo, a video. «Hanno cercato deliberatamente uno scandalo pubblico e hanno voluto insultare non soltanto i fedeli ma la società nel suo insieme», ha scandito il giudice. La "clemenza" che Putin aveva chiesto da Londra si è tradotta in uno sconto di pena che Marina Sirova ha attribuito al fatto che «le ragazze hanno riconosciuto la natura offensiva del proprio gesto», aggiungendo che nessuna di loro ha precedenti penali, mentre due di loro sono giovani madri. Punti di vista differenti: tutti i commenti arrivati dalle cancellerie occidentali, dalla Germania agli Stati Uniti, hanno sottolineato la sproporzione tra la pena e il gesto commesso dalle Pussy Riot, descritto dalla responsabile dell'Unione europea per gli Affari esteri, Catherine Ashton, come «pacifico, se pure controverso».
Accanto alle reazioni diplomatiche, alla solidarietà della comunità internazionale degli artisti e alle manifestazioni davanti a tante ambasciate russe nel mondo, il sostegno dei russi alle Pussy Riot è più pacato, ma comunque spacca la società tra gli attivisti che torneranno in piazza ricollegandosi alle proteste contro il regime e chi invece approva la severità dei giudici, e resta fedele all'idea di un sistema giudiziario indipendente dal potere. Fuori dal Tribunale Khamovniceskij, durante il processo, i manifestanti ieri erano poche migliaia, di fronte al massiccio schieramento di agenti anti-sommossa che riprendeva ad arrestare i volti noti del dissenso, da Serghej Udaltsov a Garry Kasparov.
Esattamente come prima dell'ondata di proteste - tra l'autunno e questa primavera - che avevano fatto sperare in un disgelo. Spiraglio chiuso da Putin non appena reinsediato presidente, in maggio. Ora il movimento dell'opposizione ha tre nuove eroine a cui fare riferimento, un boomerang che allontana ancor di più Putin almeno da quella parte della società russa - circa la metà, stando ai sondaggi - che se pure si è sentita disturbata da una violazione dei propri valori morali (47%), non condivide (54%) l'idea di vedere per questo Masha, Katia e Nadia in carcere. «Non mostrare pietà è stato un errore», ha detto per telefono all'agenzia Bloomberg Mikhail Fedotov, capo della commissione del Cremlino per i diritti umani.
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