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Questo articolo è stato pubblicato il 23 agosto 2012 alle ore 06:38.

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Tanti proclami, pochi incassi. Per racimolare risorse in fretta e senza pesare sulle tasche dei contribuenti i Governi hanno riscoperto il mantra delle privatizzazioni, che restano però in gran parte sulla carta. Per le lungaggini burocratiche, per le resistenze di lobby e apparati, ma anche per le sfavorevoli condizioni di mercato. Il caso più eclatante è quello greco: dopo aver annunciato un piano da 50 miliardi entro il 2015, Atene ha dovuto più che dimezzare le sue ambizioni, fino a scendere ai 19 miliardi previsti a giugno dal Governo Samaras. E dire che le privatizzazioni sono parte integrante degli impegni di risanamento sottoscritti in cambio degli aiuti internazionali.
Quest'anno, il Governo punta a incassare tre miliardi dalle vendite di asset pubblici e ha appena varato una legge per accelerarle. Il capo dell'Agenzia creata per le gestire le dismissioni, Costas Mitropoulos, si è però dimesso a metà luglio in segno di protesta contro l'inerzia dell'Esecutivo. Mitropoulos ha anche affermato che difficilmente le privatizzazioni potranno fruttare più di 300 milioni nel 2012.
La Grecia non è un caso isolato. La Spagna, che a maggio ha annunciato dismissioni per 20-30 miliardi, l'anno scorso ha dovuto cancellare quella che sarebbe stata la privatizzazione più importante del 2011 e a soli pochi giorni dal suo perfezionamento, vale a dire l'offerta pubblica del 30% della Lotteria di Stato, che a ottobre avrebbe dovuto portare nelle casse dello Stato 7 miliardi di euro. Negli stessi giorni Madrid ha dovuto anche congelare un'altra operazione sulla quale contava molto, la vendita degli aeroporti di Madrid (Barajas) e Barcellona (El Part), che avrebbero dovuto fruttare più di 5 miliardi di euro.
Oltre alle difficoltà che sempre accompagnano le dismissioni di beni e partecipazioni societarie pubbliche, c'è da dire che la congiuntura non è per niente favorevole. Non stupisce quindi che i Governi ritardino i programmi di dimissioni per non essere costretti a svendere.
L'anno scorso, le privatizzazioni realizzate in tutto il mondo - secondo i dati raccolti dalla Fondazione Eni-Enrico Mattei e Kpmg nel Privatization barometer 2011 - hanno raggiunto un valore di 68,2 miliardi di euro, il minimo dal 2003 e meno della metà dei quasi 160 miliardi raccolti nel 2010. Nell'Unione europea le operazioni sono state 49, per 19,5 miliardi di euro, appena il 27,9% del totale.
Nonostante il fortissimo ridimensionamento dei piani originali, la Grecia ha potuto così piazzarsi al quinto posto in Europa, con circa due miliardi di incassi, preceduta da Irlanda (oltre 5 miliardi), Polonia (3,2), Portogallo (2,7) e Svezia.

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