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Questo articolo è stato pubblicato il 24 agosto 2012 alle ore 17:49.

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(LaPresse)(LaPresse)

Il campionato di Serie A si apre con il 2-1 di Fiorentina-Udinese, un risultato meritato per i viola che nella ripresa hanno dominato trovando il pareggio e poi il raddoppio al 91'. Ma il prologo è stato amaro, avvilente e ha sparso nuove tossine in un ambiente altamente inquinato. Il torneo che segue l'estate del calcio scommesse ha già archiviato gli scarsi buoni propositi prima ancora del calcio d'inizio. La supercoppa giocata a Pechino (una destinazione che resta un non senso sportivo) ha regalato uno spettacolo degradante, culminato con la mancata partecipazione del Napoli alla premiazione dei giocatori juventini.

Abbiamo ancora vivo nella mente il ricordo del pugile Cammarelle che tende la mano a un avversario, cedendo una medaglia d'oro olimpica per un verdetto che definire discutibile è poca cosa; così come ci ha inorgoglito l'esempio di una superba atleta qual è la Cagnotto accettare un responso che non le ha assegnato una medaglia rincorsa in una vita intera di sacrifici sportivi per una manciata di centesimi di punto. C'è altro nella vita, ha commentato la straordinaria campionessa con il groppo in gola.

Il nostro sciagurato calcio ha invece ritagliato l'ennesimo tassello che completa il mosaico della sua scarsa credibilità, frutto della cialtroneria dei suoi dirigenti societari e dell'isteria di atleti, ciascuno dei quali, è bene dirlo, guadagna senza alcun particolare merito cifre che la Cagnotto si sogna, pur dopo una vita di sacrifici.

Ancora una volta il movimento mostra non già l'immagine peggiore, ma semplicemente quella più vicina al vero. Alle ben note magagne, sopra tutte il malaffare, si aggiunge la totale ignoranza di ciò che comunemente si chiama cultura della sconfitta. Che non significa solo saper perdere, ma rispettare chi ti sta di fronte e tutti coloro che assistono allo spettacolo. Non lo ha fatto il Napoli, disertando la cerimonia di premiazione, non lo fa la Juventus campione d'Italia, reclamando a ripetizione scudetti tolti con sentenze passate in giudicato ed esibendo nelle pieghe della sua maglia la frase bonipertiana, ma assai poco decoubertiana: vincere non è importante, è l'unica cosa che conta.

C'è dunque poco da stupirsi se all'indomani della sciagurata trasferta nel nido pechinese, gli animi si siano ulteriormente accesi, con accuse e controaccuse e nessuno dei protagonisti mostri segni di ravvedimento, cercando al contrario di sobillare i peggiori istinti delle tifoserie.
Perciò resta voce nel deserto l'appello di Prandelli che invita a guardare all'esempio offerto dalle Olimpiadi londinesi e a non disperdere il patrimonio di credibilità seminato con lo splendido torneo d'Europa della Nazionale, battuta solo in finale dai più forti.

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