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Questo articolo è stato pubblicato il 04 settembre 2012 alle ore 17:30.

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Matteo Renzi con Debora Serracchiani (Olycom)Matteo Renzi con Debora Serracchiani (Olycom)

Ieri Matteo Renzi, oggi Debora Serracchiani. Se il sindaco di Firenze ha attaccato D'Alema, Bindi e Franceschini (con il quale ha duellato ieri sera a Pontelagoscuro nel ferrarese) e la vecchia classe dirigente del Pd, se i tre leader di partito hanno rispedito le accuse al mittente, oggi è un ex rottamatrice a bacchettare il presidente del Copasir.

Debora Serracchiani, che con i rottamatori ha rotto senza mai chiudere con Renzi, dice (parlando a KlausCondicio) di Massimo D'Alema: «Se non sbaglio ha perso. All'estero, di solito, chi perde si ritira o fa un passo indietro». E aggiunge: «È meglio che non dia consigli a Renzi».

L'europarlamentare candidata dal Pd alla guida del Friuli Venezia Giulia, ribadisce la linea già espressa dal sindaco di Firenze: «Credo sia giunto il momento che i vecchi leader della politica facciano un passo indietro e diventino i tutor dei giovani». Ma in questo momento, ammette, «non vedo padri nobili nel Pd disposti a fare questo, non ne conosco nessuno che sia disponibile a fare un passo indietro». Anche Serracchiani torna sulla necessità di inserire un limite di mandati, è un'indicazione, dice «che qualche tempo fa diede Bersani», «se andasse fino in fondo avrà un'applicazione diretta».

Matteo Renzi intanto è partito per gli Stati Uniti, per la convention democratica a Charlotte, in North Carolina, invitato da John Podesta, presidente del Center for american progress e dall'ex segretario di Stato Madeleine Albright. Il rientro è fissato per giovedì.
Di lui non vuole parlare, almeno per oggi, il segretario Pd Pier Luigi Bersani. «Ora ci stiamo occupando di lavoro, per altre questioni ci sarà tempo», dice interpellato dopo l'incontro con una delegazione sindacale dell'Alcoa.

Franco Marini invece, dalla Festa Democratica di Reggio Emilia, sostiene che «ci dovrebbe essere un candidato unico del Pd nelle primarie di coalizione», perché «dinnanzi a primarie sgangherate il Pd rischia di perdere credibilità davanti ai cittadini». Ma di Renzi, precisa l'ex presidente del Senato «non mi spaventa nulla».

Intanto dalla parte di Renzi si schiera, fuori dal Pd, il sindaco leghista di Verona, Flavio Tosi. Che augura al collega fiorentino «di riuscire nella sua difficile battaglia». «Se c'è qualche innovatore che si afferma, anche nel campo avverso - dice Tosi - per me è comunque meglio che avere a che fare con burocrati ottusi». Quasi un endorsement quello del segretario nazionale della Liga veneta - Lega nord che avverte: «Vedo tranquillamente gente del Veneto o della Lombardia votare per lui». Per vincere però, dice Tosi, «Renzi avrebbe bisogno che andassero a votare almeno «due milioni di persone. Se va solo il milione di fedelissimi del Pd, non ce la fa».

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