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Questo articolo è stato pubblicato il 06 settembre 2012 alle ore 19:51.

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La buona vecchia realpolitik alla fine, incarnata da Angela Merkel, ha vinto sui falchi euroscettici. Alcuni provenienti proprio dalla coalizione della cancelliera. Come il parlamentare dei cristiano-sociali (Csu) Klaus-Peter Willsch, che aveva chiesto una riforma della Bce che consentisse a Berlino di esercitare il diritto di veto. La Germania è il primo finanziatore degli aiuti europei, quindi secondo Willisch dovrebbe «avere il diritto di veto su tutte le questioni».

O come Weidmann, giovanissimo presidente della Bundesbank e membro del consiglio direttivo della Bce, l'unico a votare contro il piano dell'Eurotower per acquistare bond sul mercato secondario. Il suo «nein» è stato confermato dalla stessa banca centrale spiegando che secondo Weidmann gli acquisti di bond sono troppo vicini all'essere una forma di finanziamento monetario, vietato dal mandato Bce. Weidmann aveva anche minacciato le dimissioni.

La pragmatica cancelliera ha invece da tempo capito che è meglio presentarsi alle elezioni del settembre 2013 con in tasca l'euro piuttosto che senza. Un crollo della moneta unica provocherebbe infatti uno shock dai costi enormi e, soprattutto, dalle conseguenze imprevedibili in Europa e nella stessa America, dove l'economia non scoppia di salute e Obama è alla ricerca di una difficile rielezione in novembre.

Per la sua offensiva contro i falchi Angela ha scelto la platea più ostile possibile, il tradizionale convegno dell'intrasigente Csu in Baviera, feudo dei cristiano-sociali, dove in mezzo a maxi-boccali di birra pochi giorni ha dichiarato che Paesi come la Grecia «meritano la nostra solidarietà». Merkel ha anche attaccato i mercati, accusati di «non essere al servizio del popolo»: negli ultimi cinque anni, ha argomentato, hanno consentito a poca gente di arricchirsi a spese della maggioranza. Non si può permettere ai mercati, ha detto ancora la Merkel, di distruggere il lavoro delle persone e i Governi non possono essere alla loro mercé a causa del debito.

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