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Questo articolo è stato pubblicato il 12 settembre 2012 alle ore 16:41.

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È una partita a scacchi quella che si gioca tra il Governo e le multinazionale produttrici del tabacco. Se da un lato si inaspriscono i divieti, dall'altro aumentano i modi per bypassarli. Mentre sale da 16 a 18 l'età minima per acquistare le sigarette, le grosse case produttrici spingono sulla promozione per incrementare i consumi. Secondo l'ultima ricerca Doxa, infatti, nel 2012 i fumatori in Italia sarebbero diminuiti del 2% e le case produttrici non sono certo rimaste a guardare.

Il divieto di vendita ai minorenni
Il decreto Balduzzi approvato lo scorso 5 settembre, in attesa di essere convertito in legge, ha introdotto il divieto di vendita delle sigarette ai minori di 18 anni, innalzando il limite dei 16 anni previsto dall'art. 25 del regio decreto 1934. L'effetto deterrente più che dalla sanzione principale (la multa va da 250 a mille euro) sembra essere dato, in caso di recidiva, dalla sospensione della licenza per tre mesi in capo all'esercente. Chi ha un distributore automatico dovrà entro 12 mesi munirlo di un'idonea apparecchiatura per rilevare l'età anagrafica dell'acquirente. Su internet la maggior parte dei siti sono corsi ai ripari. Per comprare sigarette online è necessaria la carta di credito che presuppone la maggiore età dell'acquirente. Spetterà semmai ai genitori l'obbligo di vigilanza. E' vietato però comprare tabacco che provenga da soggetti non autorizzati. Si rischia di dover pagare una sanzione amministrativa all'Aams (Amministrazione autonoma dei Monopoli di Stato) e nell'ipotesi peggiore un'accusa per contrabbando.

La pubblicità al tabacco.
La normativa in materia di pubblicità delle sigarette è, almeno a prima vista, molto chiara. La legge 165 del 1962 ha vietato in Italia la pubblicità di qualsiasi prodotto da fumo, sanzionando i trasgressori con una multa fino a 50 milioni di lire.

Eppure nei fatti il sistema è molto più complesso.
I film degli anni '80 e il Gran Premio di Formula Uno ci hanno abituati ad apparizioni più o meno fugaci di noti marchi di aziende leader nella produzione dei tabacchi. Eppure dal 1962 in Italia la pubblicità delle sigarette è illegale. La battaglia si è giocata più volte nelle aule dei Tribunali. Se con riferimento al cosiddetto product placement nei film il Consiglio di Stato si è pronunciato più volte per sanzionarne la diffusione, quanto alle competizioni mondiali sportive è dovuto intervenire il parlamento europeo vietando a partire dal 31 luglio 2005 le sponsorizzazioni di manifestazioni pubbliche, gare sportive, concerti a diffusione internazionale (direttiva 2003/33/CE). Resta lecita però la pubblicità indiretta che usa il nome di una marca di tabacco per promuovere altri prodotti. Risultato? I margini di promozione delle case produttrici si restringono ma resistono. È possibile, ad esempio, farsi pubblicità in Paesi in cui non vige il divieto (i loghi saranno poi oscurati durante la diffusione in Italia), oppure usare nomi e richiami indiretti riferibili al marchio. Resta lecita, per ora, anche la pubblicità su siti internet registrati in alcuni Stati extra Ue. Ma la stretta contro il tabagismo si sta allargando anche a molti Paesi terzi.

Come aggirare i divieti
L'arrivo del decreto Balduzzi non ha spaventato le case produttrici, ma anzi ne ha aguzzato l'ingegno. A Milano, proprio il giorno dopo la sua approvazione, una grossa casa produttrice ha precettato le sue hostess, durante la notte della moda, per chiedere ai giovani assiepati nei locali della movida notturna quale marca di sigarette fumassero. Laddove si trattasse di un prodotto concorrente, le giovani promotrici erano pronte a sostituire il vecchio pacchetto con quello "giusto", accompagnando il regalo col gesto del pollice rivolto verso l'alto. Nessuno, in quel caso, ha chiesto la carta di identità. La restituzione del pacchetto servirebbe alle aziende per dimostrare che in realtà non si tratta di una vera e propria forma di pubblicità, ma di un'informativa rivolta a soggetti già fumatori. Gli altri, forse, avrebbero qualcosa da ridire.

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