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Questo articolo è stato pubblicato il 17 settembre 2012 alle ore 16:25.

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Per risolvere la disputa sulla sovranità delle isole contese tra Cina e Giappone servono «calma e moderazione» ed evitare «un'ulteriore escalation» nei rapporti tra i due Paesi. Lo afferma il segretario alla Difesa Usa, Leon Panetta, da ieri in visita in Asia per tentare di ricomporre la crisi tra Cina e Giappone sulla sovranità delle isole Senkaku, o Diaoyu, secondo il nome cinese. La visita di Panetta in Asia avviene negli stessi giorni in cui migliaia di manifestanti in tutta la Cina sono scesi per le strade in segno di protesta contro l'annuncio del governo di Tokyo di avere acquistato tre delle isole contese da una famiglia giapponese che ne detiene i diritti di sfruttamento (lo scrive agichina24.it).

Il segretario alla Difesa Usa è in visita oggi a Tokyo, dove ha incontrato il ministro degli Esteri Koichiro Gemba e il ministro della Difesa, Satoshi Morimoto. Panetta si é detto preoccupato per la rapida evoluzione della crisi in corso tra i due Paesi per «la possibilità che un errore di giudizio da una parte o dall'altra - secondo quanto riportato dalla Associated Press- possa portare alla violenza e sfociare in un conflitto che potrebbe espandersi». La Cina considera l'annuncio di Tokyo come un affronto alla propria sovranità nazionale. All'indomani della decisione del governo giapponese di volere comprare le isole contese, il vice ministro degli Esteri di Pechino, Jiang Zengwei, aveva dichiarato che la disputa sulle Senkaku/Diaoyu avrà «un impatto negativo» sui rapporti economici e commerciali bilaterali. «È estremamente importante -ha specificato ancora Panetta - che la diplomazia da entrambe le parti venga usata per cercare di risolvere queste situazioni in maniera costruttiva».

Dopo la visita in Giappone, il segretario alla Difesa Usa è partito per Pechino, dove incontrerà, tra gli altri, il ministro della Difesa Liang Guanglie.

Geografia
Le isole Senkaku sono un arcipelago composto da cinque isole e tre scogli situati tra la costa settentrionale di Taiwan e l'isola di Okinawa.
Il segretario alla Difesa americano incontrerà questa settimana a Pechino anche il vicepresidente cinese, Xi Jinping. Xi, designato come prossimo leader della Repubblica popolare, sabato era riapparso in pubblico dopo due settimane di assenza che avevano alimentato molte voci sulla sua salute e sul suo futuro politico.

Le ritorsioni
Negozi, attività commerciali di vario genere a fabbriche giapponesi sono state prese di mira in tutta la Cina. Secondo le ultime stime, sono state 72 le città coinvolte nelle proteste. Per fermare l'ira dei manifestanti a Shenzhen la polizia ha fatto uso di spray al pepe, gas lacrimogeni e cannoni ad acqua. I manifestanti hanno preso di mira un grande magazzino a conduzione giapponese. Alcuni di loro, secondo quanto riferito dall'agenzia di stampa Reuters, avrebbero anche sottratto scudi ed elmetti alle forze dell'ordine presenti sul luogo per tentare di arginare le proteste. «Pensiamo - dichiara Zhang Xin, uno dei manifestanti - che il governo abbia tenuto un atteggiamento troppo soft e vogliamo mostrare come la pensiamo a riguardo». Anche nella capitale é andata in scena la rabbia anti-nipponica. Mentre a Pechino venivano lanciati oggetti e pietre contro l'ambasciata di Tokyo, il primo ministro giapponese, Yoshihiko Noda, ha telefonato al governo cinese per assicurarsi che non ci fossero danni ai cittadini giapponesi residenti in Cina o alle loro proprietà. Nelle manifestazioni si é inserito anche Ai Weiwei: l'artista dissidente ha dichiarato alla Reuters che le proteste erano approvate dalla polizia. «I cittadini cinesi - ha spiegato l'artista - devono ringraziare il governo giapponese che ha dato loro la possibilità, per la prima volta, di mettere in scena una grande protesta, sul loro suolo. In Cina non ci sono proteste organizzate dalla gente».

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