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Questo articolo è stato pubblicato il 17 settembre 2012 alle ore 16:25.

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La replica giapponese, tecnologia 1
La rabbia cinese non è rimasta priva di ripercussioni. Sono molte le aziende giapponesi in Cina, tra cui anche grandi nomi della tecnologia, che hanno preferito temporaneamente chiudere stabilimenti e punti di vendita per le manifestazioni dei giorni scorsi. La Panasonic ha sospeso la produzione nello stabilimento di Qingdao per un incendio. Canon, azienda che produce stampanti e macchine fotografiche, per la sicurezza dei propri impiegati, ha sospeso le attività in tre dei suoi quattro stabilimenti attivi nel Paese per la giornata di oggi e di domani. La Sony, attraverso un portavoce, ha scoraggiato i propri dipendenti dal partire per «viaggi d'affari non essenziali» in Cina.

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Come già deciso dalla Honda, anche Mazda e Nissan hanno annunciato l'interruzione del servizio nelle fabbriche in Cina per paura di ritorsioni a causa delle proteste anti giapponesi legate alla nazionalizzazione da parte di Tokyo delle isole Diaoyu/Senkaku. Le operazioni nella fabbrica di Nanchino, che è gestita insieme alla Chongqing Changan Automobile Co Ltd e alla Ford Motor Co, saranno sospese per quattro giorni a partire da domani. Molti rivenditori hanno poi chiuso i loro esercizi commerciali per proteggere i propri dipendenti. Tra questi anche Uniqlo, brand di moda giapponese molto popolare tra i giovani cinesi, che ha diversi punti vendita nel Paese. Quando possibile, riferisce la Reuters, i gestori hanno chiesto ai loro impiegati di lavorare da casa. Le tensione dello sceso fine settimana non si é ancora placata. La giornata di domani é particolarmente significativa nei rapporti tra Cina e Giappone e si prevede una ripresa delle manifestazioni: il 18 settembre ricorre l'anniversario dell'«incidente di Mukden» che nel 1931 aveva dato il via all'invasione giapponese della Manciuria, un anniversario che viene ricordato tutti gli anni in Cina.

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