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Questo articolo è stato pubblicato il 18 settembre 2012 alle ore 17:16.

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Atti vandalici a parte, la tensione per lo stop al progetto Fabbrica Italia di Fiat si percepisce ai cancelli delle fabbriche dell'azienda automobilistica. Rammarico e preoccupazione sono le parole d'ordine; il rammarico è per le parole dell'ad e per la prospettive di scarsi o nulli investimenti. A Melfi si aspettava un nuovo modello da produrre dopo la Punto. «Investire in nuovi modelli in Italia sarebbe come sparare nell'acqua? In realtà, realizzare una nuova vettura nello stabilimento di Melfi significherebbe meno cassa integrazione, maggiore potere d'acquisto e quindi ripresa dell'economia; e se questo avvenisse in tutta Italia, la crescita sarebbe su larga scala»: è la reazione del segretario della Basilicata della Uilm-Uil, Vincenzo Tortorelli, alle dichiarazioni di Marchionne: «La Fiat - ha aggiunto - deve continuare a scommettere nel Paese con nuovi investimenti, lanciando prodotti appetibili per il mercato». «Parlare delle cause della Fiom è l'ennesimo alibi per nascondere le proprie inadempienze», ha affermato il segretario della Basilicata della Fiom-Cgil, Emanuele De Nicola. «Marchionne - ha proseguito - dovrebbe spiegare a tutti il perchè di quei contenziosi, nati dal fatto che vengono violati principi costituzionali. Non dica poi, che non ha mai parlato di chiudere gli stabilimenti italiani: i giornalisti lo hanno riferito mesi fa, e non si trattava di invenzioni».

Anche a Pomigliano ai cancelli dello stabilimento dove sono stati investiti 800 milioni per realizzare la nuova Panda, c'è preoccupazione. «Avrà anche corretto il tiro, ma Marchionne non ha ancora detto in che modo intende ridimensionare il piano Fabbrica Italia. Ho strappato la tessera sindacale dopo anni di attivismo sindacale - racconta un operaio di 42 anni - mi sento tradito, deluso. Ho votato sì al referendum e sono ancora fuori dalla fabbrica». Tra gli iscritti Fiom, invece, la rabbia prende il sopravvento, come spiega anche Sebastiano D'Onofrio, ex rsu dello stabilimento pomiglianese. «I sindacati firmatari devono avere il coraggio di spiegare cosa sta succedendo - afferma - Marchionne non dà alcuna garanzia». Di diverso avviso Gerardo Giannone, ex delegato Fim, ed attualmente test driver per il gruppo Fiat a Pomigliano, che attende come altri 2500 operai circa di essere riassorbito in Fip: «Sono fiducioso - dice - Marchionne ha chiarito che non vuole chiudere nessuno stabilimento, e la Panda è il nostro futuro. Solo il mercato ci ha penalizzati».

Lontano dai cancelli delle fabbriche, le sigle sindacali sono concordi nel chiedere spiegazioni all'amministratotre delegato Fiat. Per il leader della Cgil Susanna Camusso «se, come tutto fa pensare, Fiat è orientata a ridimensionare la produzione, il governo deve interrogarsi su come attirare un altro produttore». Le rassicurazioni di Marchionne non convincono Giorgio Airaudo, segretario nazionale della Fiom, responsabile del settore auto: «È solo un modo per prendere tempo», dice al Gr Rai. «Non é la prima volta che dice che mantiene gli stabilimenti in Italia con le vendite ed i profitti fatti all'estero», aggiunge Airaudo, «quindi penso che sia sempre più urgente che questo paese stabilisca un patto con la Fiat, serve un accordo e solo il governo può farlo. Serve uno dei tanti accordi che la Fiat ha fatto in giro per il mondo».

Caute le parole del segretario della Cisl Raffaele Bonanni, per il quale, comunque, gli accordi come quelli di Pomigliano, sono da considerarsi come vittorie: «Chiedo a Marchionne di convocarci subito – aggiunge - e di chiarire un solo aspetto: se il piano Fabbrica Italia lo mantiene e lo utilizza quando riprende il mercato oppure, a prescindere da questo, lui non vuole più utilizzarlo». «Marchionne – dice Bonanni - farebbe bene a incontrarsi con i pubblici poteri, anche perché ci sono molti siti industriali della Fiat che hanno bisogno di una maggiore efficienza di servizi e soprattutto di infrastrutture». Invito all'incontro con il governo arriva poi anche dal segretario Ugl Giovanni Centrella.

Sul tema è poi intervenuto anche il sindaco di Napoli Luigi de Magistris che, all'atto della presentazione della nuova Panda a Pomigliano nello scorso mese di gennaio disertò per protesta la manifestazione: «Sul piano industriale Fabbrica Italia, oggetto di referendum tra i lavoratori degli stabilimenti Fiat, ci schierammo dalla parte giusta – ricorda oggi l'ex pm -. Mi schierai da subito in modo netto dalla parte dei lavoratori di Pomigliano. Molti dissero che erano posizioni sbagliate invece mi pare che ora siano largamente condivise. Marchionne aveva preso impegni poi non mantenuti sull'aumento di produzione e sul mantenimento dei posti di lavoro. Tutto questo non è avvenuto, anzi c'è stata la caccia alla Fiom e a quei lavoratori che si erano schierati per il lavoro e per i diritto».

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