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Questo articolo è stato pubblicato il 23 settembre 2012 alle ore 19:05.

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«Nessun giudice può mandare in carcere qualcuno per le sue idee. Se accettassimo questo sarebbe la fine della democrazia, tutti noi saremmo in balia di pazzi, di uomini di Stato in malafede, di ricattatori. Io sono
disposto a pagare un equo indennizzo, ma non baratto la mia libertà. Per questo ho detto no a scorciatoie che i miei nuovi e bravissimi avvocati mi hanno proposto». Lo ha scritto il direttore del Giornale, Alessandro Sallusti, nell'editoriale di oggi.

Perché Sallusti rischia l'arresto
Il direttore de "Il Giornale" rischia di finire in carcere mercoledì 26 settembre, giorno nel quale la Corte di Cassazione - chiamata a verificare solo la regolarità formale del giudizio - dovrà pronunciarsi sulla condanna a 5mila euro di ammenda in primo grado e a 14 mesi di reclusione in secondo grado per diffamazione a mezzo stampa. La condanna si riferisce a un articolo ritenuto diffamatorio pubbicato su Libero, di cui Sallusti era direttore, con lo pseudonimo di Dreyfus. Articolo del quale i giudici hanno ritenuto responsabile il direttore e gliene hanno attribuito la paternità.

Io non ho paura
«La classe dei magistrati che ha partorito questo obbrobrio abbia il coraggio di correggersi o l'impudenza di andare fino in fondo. Non ho paura», scrive Sallusti. «Vogliono fare concludere il settennato di Napolitano», che «ringrazio per l'interessamento annunciato ieri», «con una macchia indelebile per le libertà fondamentali? Vogliono mandare Monti in giro per l'Europa come il premier del Paese più illiberale dell' Occidente? Lo facciano, se ne hanno il coraggio. Per questo e non per il mio destino personale - conclude Sallusti - sarebbero dei criminali alla pari di chi ha stilato la sentenza che vuole impedirmi di scrivere ciò che penso per il resto della mia vita».

Bindi (Pd): bandire la diffamazione
«Sono per la libertà di informazione e credo che il ricorso a misure che restringono la libertà dei cittadini devono essere prese con cautela». dirlo è il presidente dell'Assemblea del Pd, Rosy Bindi, a SkyTg24. «Ritengo anche - ha aggiunto - che la stampa abbia un grandissimo potere e che perciò debba essere molto rispettosa e attenta nei confronti delle persone: la diffamazione è qualcosa di odioso nei confronti delle persone ma è costume in questo paese praticare la diffamazione e farlo attraverso alcune testate e questo va altrettanto denunciato. Si tratta di un problema vero. Credo si debba ricorrere alla detenzione in casi eccezionali ma anche l'uso della diffazione va bandito da chi svolge il mestiere del giornalista».

Mantovano (Pdl): subito un decreto legge o dopo la grazia del capo dello Stato
Alfredo Mantovano, deputato Pdl e coordinatore politico dei Circoli Nuova Italia chiede subito un decreto legge del governo che elimini la detenzione e lasci solo la sanzione pecuniaria '«per impedire che Alessandro Sallusti sia trattato peggio di un rapinatore recidivo, a causa di una opinabile vicenda riguardante una opinione espressa sul giornale di cui era direttore». Per Alfredo Mantovano «se si vuole uscire dalla genericità degli appelli e dalla ovvietà dei commenti, ci sono solo due strade: la prima e' quella di un decreto legge che per casi come il suo elimini la sanzione detentiva e lasci solo quella pecuniaria: se fatto entro martedì, sarebbe la norma più favorevole nel giudizio in Cassazione e porterebbe all'annullamento con rinvio per rideterminare la pena (che sarebbe solo la multa). La seconda strada è la grazia del Capo dello Stato». Anche se Mantovano ha l'impressione che la seconda strada «sia proceduralmente più lunga e giuridicamente meno idonea della prima. Un decreto legge del governo non incontrerebbe prevedibilmente ostacoli nella conversione in legge. Passare dalle parole ai fatti signfica allora andare velocemente in questa direzione. Dopo mercoledi' sarebbe solo il tempo dell'inutile rammarico».

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