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Questo articolo è stato pubblicato il 29 settembre 2012 alle ore 09:45.

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Sono passati soltanto 5 mesi dalla gara secca che ha assegnato lo scudetto numero 67 della pallavolo italiana, Lube Macerata batte Itas Trentino 3 a 2 in uno straripante Forum di Assago, ma pare trascorso un secolo. Gli sponsor che avevano sostenuto pur con mille difficoltà il volley di casa nostra negli ultimi anni, a causa dei numeri prodotti dalla difficile congiuntura internazionale hanno deciso di farsi da parte per evitare il tracollo.

Da qui, l'idea, meglio, la necessità di rivedere le logiche e i modi di proporre pallavolo di qualità nel nostro Paese. Per traghettare il movimento oltre la crisi. Perché altro non si poteva fare.

Tante quindi le novità al via del campionato che partirà il prossimo 7 ottobre. Alcune già bocciate da pubblico e addetti ai lavori. Altre tollerate o condivise. Comunque vada, la parola d'ordine è: rinnovamento. La strada è tracciata, non resta che attendere i prossimi mesi per capire dove porterà. In attesa di novità, abbiamo chiesto ad Andrea Lucchetta, fuoriclasse tra i fuoriclasse della generazione di stelle che ha portato l'Italia sul tetto del mondo spesso e volentieri, di accompagnarci nella presentazione del nuovo torneo. Crazy Lucky non è uomo da mezze misure. Quando gli arriva la palla, oggi come allora, sono guai per tutti.

Stop alle retrocessioni e playoff scudetto accessibili a 10 delle 12 squadre protagoniste del campionato di vertice. La pallavolo italiana cambia le regole del gioco per far quadrare i conti. Convinto della rivoluzione?
La fortuna è stata mantenere delle squadre in un campionato che è sicuramente il più bello del mondo, ma che però inizia ad avere qualche problemino. Sia per i giocatori che scelgono di andare all'estero, sia perché dal punto di vista economico ci sono maggiori difficoltà a rimanere i livelli degli anni scorsi. Detto questo, è auspicabile che nasca una struttura in stile Champions League anche per la pallavolo, in cui 3-4-5 squadre nazionali vadano a competere in quella che diventerebbe a tutti gli effetti una lega europea. Questo permetterebbe alle grandi squadre di proporre un volley di qualità e porterebbe una forte riduzione dei costi per quella che potrebbe essere una A2 in cui, lì sì, si potrebbero bloccare le retrocessioni. La A2 rappresenterebbe così il serbatoio per tanti giovani che avrebbero la possibilità di giocare, confrontarsi, crescere. Insomma, io avrei preferito ridurre drasticamente il numero delle squadre della Serie A1 per puntare su una A2 grande e competitiva. Ma questa è fantapallavolo.

Non ci sono più Roma e Treviso. E' il segnale che la crisi economica ha toccato duro anche il volley made in Italy, oppure si poteva fare qualcosa di più per salvare due piazze storiche che certo lasceranno un vuoto difficilmente colmabile?

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