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Questo articolo è stato pubblicato il 30 settembre 2012 alle ore 17:35.

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«Serve una grande lista civica nazionale che chiami a raccolta le energie sane del paese per evitare che il governo Monti sia una parentesi». Il dado è tratto. Da Arezzo Gianfranco Fini e Pier Ferdinando Casini lanciano il contenitore politico per il Monti bis. E il presidente della Ferrari Luca Cordero di Montezemolo scioglie la sua riserva: non si candiderà e starà al fianco di Monti. «Il paese prenda atto della disponibilità del premier a continuare il lavoro».

Tre giorni dopo la pseudo-candidatura di Mario Monti («non mi candido ma sono disponibile se ce ne sarà bisogno») l'ala moderata si mette a disposizione lasciando da parte quelli che Fini chiama i «personalismi». E ora che la Cei, la Casa Bianca di Barack Obama, la Germania di Angela Merkel, la grande industria di Sergio Marchionne e una buona fetta del Parlamento italiano tifano per Monti, il viaggio del leader del Pd Pier Luigi Bersani verso il governo rischia di complicarsi assai. E anche le primarie, come fanno notare i sempre più numerosi montiani del Pd, perdono un po' di senso.

Crescono i "montiani" del Pd
Il punto è che il sasso lanciato da Monti con la sua "disponibilità" a proseguire cade pesantemente proprio sull'ingranaggio della coalizione progressista che Bersani sta cercando di mettere in piedi (Pd-Sel e socialisti) per poi allearsi con l'Udc di Casini. In base agli attuali sondaggi sono due le maggioranze possibili, Grillo permettendo: Pd–Udc-Sel o l'attuale Pdl-Pd-Terzo polo (Udc più Fli). La prima sembra essersi allontanata, dal momento che Casini non vuole Vendola e viceversa. Mentre la disponibilità di Monti rafforza la volontà dei centristi di proseguire nel loro progetto di larga coalizione anche con il Pdl o almeno con la sua parte più moderata. Un progetto, quello di Casini e con lui di Fini, teso dichiaratamente a scompaginare i poli della seconda repubblica. Basta guardare all'attenzione, nel Pdl, da parte di personalità politiche come gli ex ministri Franco Frattini e Stefania Prestigiacomo. E basta guardare agli ospiti che sabato hanno accettato di partecipare alla convention dei montiani del Pd al tempio di Adriano. Con i democratici Piero Ichino, Enrico Morando, Giorgio Tonini, Stefano Ceccanti, Salvatore Vassalo e altri c'erano il finiano Benedetto della Vedova, la rutelliana Linda Lanzillotta, il montezemoliano di Futuro e libertà Andrea Romano, Giulio Zanella del movimento di Oscar Giannino "Fermare il declino".

Il ruolo di Veltroni
Sullo sfondo Walter Veltroni. Che pur non avendo partecipato al convegno dei montiani (quasi tutti veltroniani i promotori) e pur non volendosi schierare né con Renzi né con Bersani in primarie ormai guidicate inutili, sta lavorando con forza nella direzione del Monti bis. Il fondatore del Pd ha intensificato negli ultimi giorni il dialogo con Casini, proprio nel momento in cui i rapporti del leader centrista con Bersani si sono raffreddati. Mercoledì Veltroni e Casini presenteranno insieme il libro di Morando e Tonini «L'Italia dei democratici. Idee per un manifesto riformista». I montiani del Pd sono pronti alla battaglia per portare tutto il partito sulle loro posizioni, e hanno scelto di appoggiare il giovane Renzi (con l'eccezione di Marco Follini) contro Bersani alle primarie ritenendolo più adatto a portare avanti l'agenda Monti.

L'agenda Monti
Ecco, l'agenda Monti è il punto. Per i montiani del Pd il peccato originale di Bersani è stato l'alleanza con Sel di Vendola. La vera ferita che l'annuncio di Monti ha contribuito a ravvivare nel Pd è come conciliare la continuità delle politiche montiane con l'alleanza con Vendola, che quelle politiche dichiara di voler smontare a cominciare dalla riforma Fornero sul mercato del lavoro. E ora Bersani rischia suo malgrado di ritrovarsi chiuso nel recinto dell'alleanza a sinistra. «Monti lo abbiamo voluto noi, quindi non ci vengano a dire quanto è bravo – diceva oggi il leader del Pd commentando le ultime novità da Fini, Casini e Montezemolo –. Ma basta con scorciatoie e ricette italiche. Oggi il vero tema è che la politica deve rimettersi in gioco».

Il nodo della legge elettorale
Il prossimo giro è della politica, insomma. E lo schema bersaniano resta quello dell'alleanza dei progressisti allargata a Casini, mentre quello dei montiani del Pd non contempla Vendola. Da qui l'importanza della legge elettorale, sulla quale dovrebbe trovarsi la quadra in Senato nei prossimi dieci giorni. Bersani punta a un premio del 15%, possibilmente alla coalizione e non solo al primo partito, per tentare di imporre la sua strategia con la vittoria alle urne e la forza dei numeri. Ma come ha dimostrato l'esperto di regole elettorali Vassallo al convegno montiano di sabato, anche un premio di maggioranza del 15% non garantirebbe a Bersani la maggioranza solo con Vendola e senza Casini. E anche lo schema che più piace ai montiani del Pd, ossia l'alleanza del Pd con il Terzo polo senza né Vendola né Berlusconi, non riuscirebbe a produrre una maggioranza sicura. «Dobbiamo farci promotori dell'agenda Monti senza escludere la grande coalizione o andiamo tutti a sbattere, primarie o non primarie», chiosa il veltroniano Tonini.

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