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Questo articolo è stato pubblicato il 02 ottobre 2012 alle ore 06:40.

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Il quadro economico non potrebbe essere più infelice. La disoccupazione miete ogni mese decine di migliaia di posti di lavoro. L'inflazione galoppa. La valuta locale, il rial, sta crollando (ieri ha perso il 17%,). Il Pil continua a contrarsi. Molte imprese sono allo stremo. Ottenere lettere di credito da banche estere è un'operazione che rasenta l'impossibile.
Se si dovesse valutare l'efficacia delle sanzioni economiche contro l'Iran dal danno inflitto alla sua economia, sarebbero un vero successo. Se si dovesse, però, utilizzare un altro parametro, vale a dire se la popolazione, esasperata, si rivolterà contro il regime, dando vita a una primavera persiana, il risultato non è ancora arrivato. Se, infine, le sanzioni dovessero essere direttamente ricollegate alla sospensione della fase di arricchimento dell'uranio, finora si tratta di un insuccesso.
La pervicacia con cui gli Ayatollah proseguono, segnando progressi, nel loro programma nucleare (a loro avviso solo per fini pacifici) è sorprendente. Al massimo entro la prossima estate, secondo il Governo israeliano, l'Iran avrà raggiunto la fase finale per la produzione dell'uranio necessario a realizzazione una bomba atomica.
E tutto ciò mentre la sua economia è in ginocchio. Per quanto in misura inferiore rispetto ad altri Paesi del Golfo, l'economia iraniana dipende dal greggio. L'export di petrolio rappresenta oltre la metà delle entrate governative e l'80% delle esportazioni complessive (in valore). Le sanzioni europee contro l'import di greggio iraniano, scattate lo scorso 1° luglio, insieme a quelle americane, hanno spaventato molti paesi che acquistavano energia da Teheran. Risultato: le vendite di greggio dell'ex terzo esportatore mondiale sono crollate a un solo milione di barili al giorno (-55%). Il tutto si traduce in una perdita pari a 50 miliardi di dollari l'anno, 140 milioni al giorno, in un anno il 10% del Pil.
Meno export di greggio, materia prima generalmente scambiata in dollari, si traduce in meno valuta pregiata che entra in Iran. Una pessima notizia per la valuta locale, il Rial, travolto da una crisi senza precedenti. L'ultimo tonfo - quello di ieri - è il più evidente. Sul mercato apeeto il Rial ha ceduto il 17% nei confronti del dollaro. Ora ci vogliono 32.500 Rial per un dollaro. Una svalutazione enorme: alla fine del 2011 ne occorrevano 13mila. «Oltre che alle sanzioni, il crollo del Rial - spiega al Sole 24 Ore, Meir Javendafar, analista israeliano specializzato nell'economia iraniana - è dovuto alla totale mancanza di fiducia nei confronti del regime, sempre più diviso da lotte intestine. Nessuno vuole iniettare valuta straniera in Iran. Neanche i Paesi contrari alle sanzioni, come Russia e Cina. L'economia iraniana è scossa da un terremoto. Le cose sono destinate a peggiorare».

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