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Questo articolo è stato pubblicato il 05 ottobre 2012 alle ore 06:40.

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ROMA
Ancora una volta Paola Severino fa centro: l'emendamento presentato ieri dal ministro della Giustizia al ddl anticorruzione ha messo d'accordo tutti nella maggioranza e anche nell'opposizione. Il Pd ha confermato che ritirerà le proprie proposte di modifica, altrettanto farà l'Idv e il Pdl sembra deciso a seguire la stessa strada, cosicché tra lunedì e martedì il provvedimento possa essere votato e approdare in aula mercoledì. A questo punto, visto l'amplissimo consenso registrato, non è da escludere che il Senato voti addirittura entro la prossima settimana e persino senza che il governo ponga la fiducia. E anche alla Camera maggioranza e opposizione si stanno muovendo per una rapidissima ratifica della riforma. «Temi come la lotta alla corruzione dovrebbero far parte del Dna di ogni partito, spero che si raggiunga presto l'accordo perché è un tassello essenziale per il Paese» ha detto il premier Mario Monti.
Insomma, le Cassandre che preconizzavano il «binario morto» sono state smentite e l'ottimismo e la determinazione del governo si sono rivelati fondati. Anzi: la realtà supera le aspettative: l'obiettivo di Monti e della Severino era infatti di arrivare al traguardo entro fine legislatura, ma ora maggioranza e opposizione hanno deciso di bruciare le tappe e chiudere nel giro di pochi giorni. Al punto che l'annunciato parere del Csm - che potrebbe contribuire a migliorare alcuni punti - sembra destinato ad arrivare a tempo scaduto. Sempre che arrivi.
Alle 8,30 di ieri mattina, la Severino si è presentata all'appuntamento con le commissioni Giustizia e Affari costituzionali di palazzo Madama con il suo emendamento che modifica tre punti della riforma: la corruzione tra privati sarà perseguibile a querela di parte, ma soltanto se dal fatto non «derivi una distorsione della concorrenza nell'acquisizione di beni e servizi» (il che consente ai pm un ampio raggio di intervento d'ufficio); il traffico di influenze illecite sarà punito solo in relazione «al compimento di un atto contrario ai doveri d'ufficio o all'omissione o al ritardo di un atto d'ufficio»; gli incarichi fuori ruolo dei magistrati dureranno 10 anni, anche consecutivi, salvo quelli «connessi all'assunzione di cariche elettive (membri delle Authority, ndr) o di mandato presso gli organi di autogoverno» (Csm), quelli presso organi di rilevanza costituzionale (Quirinale, Consulta) e gli incarichi internazionali.
Lunedì sono previsti i sub-emendamenti ma, se sarà confermata la volontà bipartisan di blindare la mediazione-Severino, non ce ne saranno. «C'è l'impegno di tutti a definire l'esame del ddl entro martedì, se necessario con una seduta notturna, per arrivare in aula mercoledì» fa sapere il ministro, secondo cui il suo emendamento è «un giusto punto di equilibrio». Il ministro non vuole prevaricare la volontà parlamentare, ma i primi commenti la rassicurano. Delle tre modifiche, le prime due nascono da una richiesta del Pdl che, con i capigruppo Cicchitto e Gasparri, rivendica «la fondatezza» delle proprie richieste mentre Alberto Balboni (Pdl), uno dei relatori, preannuncia parere positivo e la richiesta di ritirare tutte le altre modifiche. Parla di «buona mediazione che migliora la qualità e l'efficacia del ddl su punti di fondamentale importanza» la capogruppo Pd Anna Finocchiaro, annunciando il ritiro degli emendamenti. Idem l'Idv: per Luigi Li Gotti il governo «ha recepito le critiche e la necessità di modifiche» del suo gruppo. L'Udc conferma l'appoggio alla Severino. La Lega tace. Quanto alle toghe fuori ruolo, per l'Anm la modifica è «ragionevole» mentre i radicali la bocciano.

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