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Questo articolo è stato pubblicato il 05 ottobre 2012 alle ore 14:29.

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Nella foto il complesso edile di Punta Perotti abbattuto nel 2006 (Ansa)Nella foto il complesso edile di Punta Perotti abbattuto nel 2006 (Ansa)

Non ci sono più margini. Lo Stato italiano deve pagare ai costruttori di Punta Perotti tutti i 49 milioni di euro che la corte europea dei diritti dell'Uomo (Cedu) aveva quantificato, a maggio scorso, come indennizzo per i danni materiali subiti per l'abbattimento, nel 2006, in "mondo tv", del complesso residenziale realizzato su quel lungomare. La Grande Camera di Strasburgo ha infatti respinto il ricorso che il Governo italiano aveva presentato, il 3 agosto scorso, contro la sentenza del 10 maggio 2012 con cui la Cedu aveva fissato il risarcimento, impugnata perchè ritenuta non in linea con quella di merito pronunciata il 20 gennaio 2009 e che aveva constatato la violazione della Convenzione europea. Il collegio di 5 giudici della Grande Camera Ue - chiamato a verificare se la controversia ponesse rilievi importanti sull'interpretazione o applicazione della Convenzione o su questioni di rilevanza generale - ha dunque escluso la fondatezza del ricorso. Lo Stato italiano paga così carissimo sia la confisca dei terreni, disposta a suo tempo, che l'abbattimento di Punta Perotti (il pagamento potrebbe avvenire anche in titoli del debito pubblico). Si conclude così una lunga telenovela giudiziaria che vede riconosciuto anche il diritto dei ricorrenti al risarcimento del danno nella misura dei 49 milioni, aggiuntivo rispetto ai suoli restituiti alla piena proprietà, con annessa edificabilità, delle 3 imprese. «I suoli -spiega Salvatore Matarrese, la cui società, la Sud Fondi, aveva presentato ricorso alla Cedu, insieme alla Mabar (Andidero) e alla Iema (Quistelli) – sono già in nostra proprietà. Lo ha detto la sentenza che ha stabilito che devono ritornarci edificabili. Quanto al risarcimento è finita, devono solo pagare. Chiederemo la concessione edilizia su quei suoli e devono darcela».

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