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Questo articolo è stato pubblicato il 05 ottobre 2012 alle ore 11:49.
Nessuna porta chiusa. Matteo Renzi apre a una mediazione sulle regole per le primarie. «Fermatevi, stiamo sfiorando il ridicolo», avverte i dirigenti Pd, ma dice: ok al doppio turno e all'albo degli elettori, senza però la pre-registrazione. Il comitato Bersani è sollevato e parla di «marcia indietro di Renzi»: «ci fa piacere». «Nel giro di 24 ore» precisa, il sindaco di Firenze «riconosce che» le regole per le primarie «non sono così negative come gli erano sembrate a una prima, forse frettolosa, lettura».
La tensione non si placa, anzi si intensifica in vista dell'assemblea nazionale del Pd, domani a Roma, dove si voterà anche la degora allo statuto per permettere ad altri rispetto al segretario di partecipare alle primarie.
Le condizioni del sindaco di Firenze sono chiare: no alla pre-registrazione e alla tessera elettorale nominale. Le norme messe a punto dai big del Pd prevedono infatti la necessità, per chi vuole votare, di registrarsi, a partire da 15 giorni prima della competizione, fino a domenica (25 novembre) compresa, presso una sede di partito o un altro luogo, diverso dai gazebo dove si voterà.
Matteo Renzi e Pier Luigi Bersani si tengono in contatto, via sms soprattutto. 29 deputati hanno chiesto al segretario di evitare burocratizzazioni delle primarie. Alcuni dirigenti democratici (Rosy Bindi, Giuseppe Fioroni) premono perché non ci siano modifiche delle regole fin qui ipotizzate. Walter Veltroni prova a mediare. Ma c'è chi teme che nell'assemblea di domani arrivino colpi di mano e che alcuni tra i 1.400 delegati possano essere tentati dall'idea di dire no alla deroga statutaria per consentire la partecipazione di Renzi (e di altri) alle primarie, oltre al segretario. La votazione è valida se si raggiunge la metà più uno degli aventi diritto.
Renzi tira dritto, forte del seguito che raccoglie nel suo tour in giro per l'Italia e del consenso attribuitogli dai sondaggi (secondo l'ultimo di Swg, in caso di alta affluenza - almeno 4 milioni di persone - sarebbe avanti di 3 punti percentuali rispetto a Bersani - 29 per cento contro il 26). Oltretutto i renziani sono convinti che questa querelle sulle regole non faccia che accrescere le simpatie per il sindaco di Firenze.
Il nodo, è noto, ruota tutto attorno alla partecipazione. E se per Bersani serve maggiore trasparenza, a partire dall'albo degli elettori, per evitare possibili infiltrazioni del centrodestra, Renzi attacca: «Dire di no al singolo elettore che deluso da Berlusconi vuole votare per noi è un capolavoro di tafazzismo».
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