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Questo articolo è stato pubblicato il 07 ottobre 2012 alle ore 08:10.

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Il disfacimento dei valori fondamentali della civiltà occidentale è improvvisamente emerso in modo dirompente. Due recentissime manifestazioni ne sono la prova. La prima è la dichiarazione del primo ministro greco Antonis Samaras, il quale ha dichiarato nell'intervista del 4 ottobre al quotidiano Handelsblatt che la disoccupazione crescente in Grecia mette in pericolo la tenuta della società, come già successe in Germania alla fine della Repubblica di Weimar, sicché la Grecia rischia il nazismo. La seconda è l'accorato appello del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano a rinnovare il senso dell'etica nella nostra comunità nazionale, di fronte all'inadeguatezza del quadro politico e a fenomeni di degrado del costume e di scivolamento nell'illegalità.
Le due manifestazioni, apparentemente diverse, hanno tuttavia delle profonde radici comuni. La prima di esse, e la più grave, riguarda il sempre più diffuso pericoloso scetticismo e disprezzo nei confronti della politica, e sostanzialmente della democrazia per la soluzione dei problemi, quando si verificano conflitti di valori e crisi apparentemente senza soluzione. Correttamente già anche nel nostro Paese la "questione morale" era stata posta in altri momenti di grave difficoltà da Enrico Berlinguer.
Ma i principi della morale sono per loro natura incerti e non sempre rappresentanti valori condivisi, proprio perché fra loro conflittuali: si pensi a quelli della vita, della morte dignitosa e della scienza. Eppure i principi della morale, benché riguardino solo la sfera individuale, secondo l'insegnamento di Benedetto Croce sono ben superiori a quelli della politica, con la quale non possono essere confusi; né tantomeno possono essere accostati al diritto, il cui scopo non è la disciplina della morale alla quale, salvo ambigui richiami, rimane del tutto indifferente.
Lo stesso Hegel, che pur aveva influenzato Croce, al contrario riteneva la politica superiore alla morale individuale, poiché lo Stato era da lui considerato l'unica realtà etica nella cui eticità si attuava la libertà del cittadino. E non è da questa stessa ideologia, che pur usava l'etica come fece Giovanni Gentile per giustificare la sua adesione al fascismo, che hanno origine malauguratamente tutti i sistemi autoritari, sia che poi l'etica derivi da credenze religiose come nei regimi clericali del tipo della Spagna del generale Franco, piuttosto che da interpretazioni storiche come nelle teorie marxiste e nei regimi comunisti, o da teorie razziali come nelle dottrine naziste hitleriane, ricordate con angoscia dal primo ministro Samaras?
Il pericolo sembra a me che purtroppo l'ingresso dei valori etici abbia, nella gestione delle crisi internazionali, giustificato spesso il ricorso all'uso della forza e della guerra sicché il pur apprezzabile e necessario richiamo ai principi morali, quantomeno di quella morale universale di cui già parlava Giambattista Vico, non sia sufficiente a riconquistare i valori laici e condivisi delle democrazie costituzionali, indispensabili per risolvere la crisi.

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