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Questo articolo è stato pubblicato il 07 ottobre 2012 alle ore 18:08.
Chi ha vinto e chi ha perso nel Pd? Dopo l'assemblea di sabato, molti ritengono che Matteo Renzi sia stato sconfitto nella lunga partita a scacchi sul regolamento delle primarie che lo ha opposto alla nomenklatura del Pd ben guidata dal segretario Bersani (partita che forse non è ancora conclusa). Qualcuno pensa che lo spregiudicato sindaco fiorentino abbia esaurito le frecce al suo arco e che non abbia più speranze di prevalere nelle urne, specie al secondo turno dove si salderà la tenaglia Bersani-Vendola. E c'è chi arriva a considerare chiusa la parabola del "rottamatore" che ha tentato di rovesciare l'assetto di potere del Pd e alla fine ne è stato stritolato.
Ma qual è l'alternativa che i critici di Renzi propongono? Essi vorrebbero (o avrebbero voluto) che il sindaco uscisse dal Pd sbattendo la porta e si decidesse a mettere in piedi un'alleanza trasversale sinistra/destra capace di sfidare a viso aperto il vecchio partito e magari l'intero sistema politico fatiscente, sì, ma non ancora sgominato. Agli occhi di questi critici Renzi ha deluso, ma essi sottovalutano il fatto che il giovane politico toscano si sarebbe ritrovato in completo isolamento nel giro di un paio di settimane. Se avesse seguito i suggerimenti di qualcuno più rottamatore di lui, avrebbe ottenuto grandi titoli sui giornali e alcuni giorni di sovraesposizione mediatica. Ma di sicuro non lo avrebbero seguito molti di coloro che adesso lo spingono a spezzare i legami. Certo non lo avrebbero aiutato i berlusconiani del Pdl e ancor meno i centristi che lo hanno sempre guardato con sospetto,
Evitato l'errore del "dannunzianesimo". Il sindaco in realtà ha dimostrato di essere un realista. Non ha voluto essere il nuovo D'Annunzio della politica italiana, a costo di indispettire qualcuno dei suoi seguaci. Al "bel gesto" fine a se stesso e in ultima analisi impolitico, ha opposto la decisione di restare nel Pd nonostante le sirene che lo chiamavano fuori. E il messaggio che manda all'opinione pubblica non è di resa, ma certo abbraccia una prospettiva di medio-lungo termine. Il "veni, vidi, vici" delle prime settimane oggi è un ricordo. Nessuno può escludere che Renzi riesca ugualmente a vincere le primarie, ma è assai più probabile che egli abbia messo in conto una sconfitta onorevole suscettibile di rimandare la battaglia finale per il rinnovamento a un futuro indistinto: magari non lontano, ma oggi non prevedibile. Gli impazienti sono scontenti, eppure il sindaco ha mostrato con questa scelta di avere la stoffa dell'uomo politico, la cui prima virtù è saper aspettare il momento opportuno. Dalla sua ha l'età, le qualità di buon comunicatore, una notevole franchezza. Sull'altro piatto della bilancia c'è un leader (Bersani) che si prepara a vincere le elezioni senza una convincente coalizione dietro le spalle. Il suo vero, grande alleato è Vendola. E questo suscita più di un interrogativo nel paese e nel resto d'Europa.
Gli attacchi da sinistra al sindaco di Firenze. A ben vedere, l'offensiva polemica contro Renzi che il governatore della Puglia ha scatenato in queste ore ha una sua logica, che non è solo quella di realizzare un buon punteggio alle primarie. Vendola attacca con l'argomento che il sindaco è un corpo estraneo. E' un "liberista" nelle parole del capo di Sel: quasi un insulto. È come se a sinistra del Pd fosse partito l'attacco finale per mettere alle corde il "rottamatore". Ma in questo modo tutto il centrosinistra scivola a sinistra, anzi su posizioni di una vecchia sinistra classista e ideologica.
Cosa ne pensa Bersani? Probabilmente non dirà nulla, perchè non ha alcun interesse a difendere il suo competitore fiorentino. Ma una vittoria del segretario sull'onda di una campagna dominata sul piano culturale da Vendola sarebbe una grossa incognita per il Bersani candidato a Palazzo Chigi. Perchè di sicuro egli non può permettersi che si crei nell'opinione pubblica l'idea di una sua sudditanza anche solo psicologica nei confronti del governatore pugliese. Qui Renzi non c'entra, è fuori dai giochi. Quel che conta è che Bersani non può scivolare troppo a ridosso di Vendola. Ma la dura contesa di questi giorni contro il corpo estraneo "liberista" potrebbe avere questo esito fatale.
E intorno a Renzi il cerchio si stringe. Detto tutto questo e fatto l'elogio del realismo renziano, resta un punto. Il momento magico del sindaco potrebbe essere passato e le prossime settimane potrebbero rivelarsi meno facili delle precedenti. La mossa di restare nel Pd e di giocare a più lunga scadenza, smentisce tutte le calunnie sul Renzi che voleva spaccare il Pd perchè "quinta colonna" di Berlusconi. Tuttavia ora il cerchio si stringe intorno a lui. Vendola, i pezzi di vecchia nomenklatura che si sono spaventati a morte, lo stesso Bersani in forme più morbide: la strada di Renzi ora è in salita e lo sarà ancor di più nel caso di un'affermazione del segretario alle primarie. Ma Renzi ha scelto di correre la maratona, non i cento metri, e ora dovrà essere conseguente. Il tempo è dalla sua, ma spetta a lui costruire – per ora all'interno del Pd – una seria prospettiva politica.
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