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Questo articolo è stato pubblicato il 22 ottobre 2012 alle ore 07:50.

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Il caso della nave scuola argentina Libertad ha qualcosa in comune con la vicenda dei fucilieri di Marina italiani Salvatore Girone e Massimiliano Latorre. Si tratta di casi senza precedenti di forze militari tenute "prigioniere" da Paesi stranieri con i quali non è in atto uno stato di guerra. Se per i due militari italiani la prigionia è "giustificata" dalle accuse di omicidio di civili indiani, il caso del Libertad è al limite del paradossale.

Il veliero a tre alberi dell'Armada Argentina è stato bloccato il 2 ottobre nel porto di Tema, 25 chilometri a est di Accra, da un ordine del tribunale del Ghana in base alla denuncia presentata da dalla Nml Capital Limited, finanziaria con sede a Cipro controllata dall'hedge fund Elliot Management di New York e dalla Huntlaw Corporate Service con sede alle Cayman. Un gruppo che rappresenta una serie di fondi di investimento americani per i quali il blocco della nave costituisce uno strumento legale per riscuotere il pagamento di tango-bond.

I fondi statunitensi sono tra quel sette per cento di creditori coinvolti nel crack da 100 miliardi di dollari dei bond argentini del 2002 a non aver accettato la ristrutturazione del debito argentino (che ha visto Buenos Aires rimborsare solo il 30 per cento di quanto dovuto) puntando a recuperare i crediti con azioni legali contro lo Stato argentino. Finora i tentativi di bloccare i fondi argentini nelle banche svizzere e nella Banca Nacion di New York e persino di far sequestrare l'ambasciata argentina a Parigi sono falliti ma la collaborazione della Corte Suprema del Ghana ha creato un caso senza precedenti.

Le forze dell'ordine del Paese africano hanno notificato il sequestro della nave al comandante il quale non ha ottenuto nulla ricordando ai ghanesi che il diritto internazionale assicura la piena immunità diplomatica e giudiziaria alle navi militari.
Il giudice Richard Adjei Frimpong, del tribunale di Accra, ha respinto il 10 ottobre la richiesta argentina di rilasciare la nave sostenendo che «non vi sono basi sufficienti nell'esposto per annullare la decisione giudiziaria».

Dure le reazioni del Governo argentino che ha denunciato un «inganno orchestrato da finanzieri», sostenendo che il blocco della nave scuola costituisce «una violazione della convenzione sull'immunità diplomatica» Per sbloccare la situazione Buenos Aires ha inviato in Ghana i viceministri di Esteri e Difesa Eduardo Zuain e Alfredo Forti ottenendo, per ora, scarsi risultati. Ace Ankomah, avvocato della Nml Capital, ha detto alla stampa argentina che i suoi clienti puntano al pagamento di una cauzione di 20 milioni di dollari per la liberazione della nave, sottolineando che l'Argentina deve loro «oltre 300 milioni di dollari».

La società finanziaria si è offerta di rimpatriare a sue spese i marinai di nazionalità non argentina (8 uruguaiani, 15 cileni e altri provenienti da Brasile, Paraguay, Ecuador, Sud Africa e Venezuela) presenti a bordo del Libertad durante la crociera africana interrotta nel porto di Tema. Il presidente argentino Cristina Fernandez de Kirchner ne ha fatto invece una questione di sovranità nazionale e ha deciso di non pagare un solo dollaro di cauzione e portare la questione all'attenzione del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite (del quale Buenos Aires è da pochi giorni membro non permanente) già questa mattina.

Lo ha annunciato il ministro degli Esteri argentino, Hector Timerman, che ha reso noto anche l'ordine di evacuare immediatamente tutti i 326 marinai lasciando a bordo della Libertad solo il capitano e il personale indispensabile a mantenere in efficienza la nave per «preservare l'integrità e la dignità» dei membri dell'equipaggio.

«Possiamo vedere il vero volto del potere dei fondi avvoltoio che, dalle loro tane fiscali, hanno organizzato quello che altro non è se non un sequestro, una estorsione e un atto di pirateria contro un paese sovrano e membro fondatore dell'Onu'», ha tuonato Timerman aggiungendo che «l'Argentina considera il governo del Ghana responsabile per eventuali danni che potrà subire la nave». La crisi del Libertad ha avuto anche ripercussioni interne con la sostituzione del Capo di Stato maggiore della Marina militare, l'ammiraglio Carlos Paz, e le dimissioni del direttore dell'intelligence della Marina, Lourdes Puente.

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