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Questo articolo è stato pubblicato il 24 ottobre 2012 alle ore 14:55.

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Michel Lacoste (Olycom)Michel Lacoste (Olycom)

Dopo l'Oreal, tocca a Lacoste. Dopo che per quattro anni l'opinione pubblica francese si è appassionata e divisa in merito alle controversie legali sorte in seno alla famiglia Bettencourt, proprietaria del colosso dei cosmetici, lo stesso copione si sta ripresentando per l'azienda specializzata in abbigliamento sportivo di alta gamma.

Parenti-serpenti
L'ex presidente del gruppo Michel Lacoste ha deciso di far causa alla figlia Sophie, nominata al suo posto a fine settembre, dando così seguito agli annunci delle scorse settimane. Michel è agguerrito e dai suoi legali ha fatto presentare contestazioni di metodo ("nomina al di fuori delle regole", considerato che è avvenuta contro il parere del comitato nomine e governance) e di merito ("Sophie non ha passato una sola giornata della sua vita in un'azienda e non ha le competenze per dirigere un gruppo di questo livello"), aggiungendo che la successione è stata orchestrata dal gruppo svizzero Maus (attivo nella distribuzione di abbigliamento con marchi come Gant e Manor), che detiene il 35% di Lacoste ed è intenzionato ad acquisirne il controllo. Un'ambizione del tutto lecita secondo le regole del mercato, ma l'ex-presidente solleva contestazioni proprio su questo punto, accusando gli elvetici di voler sfilare l'azienda alla famiglia fondatrice senza scucire un euro.

Oltre 80 anni di storia per il brand del coccodrillo
In attesa di repliche a queste accuse, resta l'amarezza per la nuova querelle familiare sfociata in tribunale. Lacoste, come l'Oreal, è un pezzo della storia francese, essendo stata fondata nel 1933 dall'ex-tennista Jean-Renè Lacoste (condusse il team transalpino a sei successi nella Coppa Davis), che alla fine delle competizioni intraprese una altrettanto fortunata carriera come imprenditore, fino alla sua morte (1996).

Da quel momento sono iniziate le controversie tra i suoi eredi, nelle quali si è inserito con sagacia il gruppo Maus, crescendo progressivamente nell'azionariato. La partita dell'acquisizione è, comunque, ancora tutta da giocare. Non tanto per la portata dell'operazione (le stime valutano il 100% della società intorno al miliardo di euro, a fronte di 1,6 miliardi di fatturato lo scorso anno), ma proprio per le regole che caratterizzano il pacchetto di controllo, come il diritto di prelazione che obbliga chiunque voglia vendere la propria quota a offrirla preventivamente agli altri membri della famiglia. Compito non facile considerato che un ramo consistente (le stime parlano di quote intorno al 30% del capitale) continua a far riferimento al vecchio presidente, che aveva individuato il suo successore nella nipote Beryl Lacoste-Hamilton, che ha già coperto diverse posizioni dirigenziali nel gruppo.

Famiglie turbolente al comando
Le controversie in capo alle famiglie imprenditoriali non sono del resto una rarità anche fuori dai confini francesi. Da tempo in Italia si assiste alla querelle sul controllo di Esselunga tra il fondatore Bernardo Caprotti e i figli Giuseppe e Violetta, con il primo che finora si è visto riconoscere il controllo assoluto sulla società. In Tribunale si gioca anche un'importante partita sull'eredità di Gianni Agnelli, tra sua figlia Margherita e la madre Marella Caracciolo, affiancata dagli Elkann (figli della prima e nipoti della seconda).

Tempo fa si era fatto un gran parlare della vicenda di Tommy Berger, inventore di marchi famosi come Hag, Sangemini e Levissima, spodestato dal controllo dell'azienda dai suoi stessi figli. Una storia che il protagonista ha raccontato in un libro di successo, con un chiaro richiamo biblico nel titolo, "Onora il padre".

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