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Questo articolo è stato pubblicato il 24 ottobre 2012 alle ore 12:35.

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Nel montaggio fotografico, il sindaco di Firenze, Matteo Renzi (a sinistra) e il leader del Pd, Pierluigi BersaniNel montaggio fotografico, il sindaco di Firenze, Matteo Renzi (a sinistra) e il leader del Pd, Pierluigi Bersani

Un gesto di trasparenza da Pier Luigi Bersani e da Nichi Vendola. Questo chiedono i renziani per ritirare il ricorso presentato al garante della privacy contro il regolamento delle primarie che, a loro dire, violerebbe la legge sulla «riservatezza e il diritto alla protezione» dei dati personali. Roberto Reggi, il coordinatore della campagna per le primarie di Matteo Renzi, lo dice a chiare lettere: «Mettiamo tutto online e noi ritiriamo il ricorso». Quel «tutto» da far uscire su web sono gli elenchi degli iscritti al Pd e a Sel. «Pubblichino i nomi e li rendano disponibili a tutti i candidati. Di cosa hanno paura? Non invocheranno mica il diritto alla privacy?»

I sostenitori di Matteo Renzi puntano il dito contro quella che considerano una disparità di trattamento tra iscritti ed elettori. I democratici, sostiene Reggi, tutelano i primi ma non i secondi, «magari un iscritto del Pd che lavora in una pubblica amministrazione di centrodestra o a Mediaset oppure ha clienti di centrodestra non é contento di vedere pubblicato il proprio nome in un albo davanti a tutti». Invece «se lo é allora tanto vale pubblicare tutti i dati dei nostri iscritti».
Lo spazio per una possibile mediazione passa dalla rete, dove i renziani vorrebbero far preregistrare i votanti, in modo da evitare obblighi ulteriori. La questione è ora nelle mani del presidente del garante per la protezione dei dati personali, Antonello Soro, già dirigente Pd, ex coordinatore nazionale della Margherita e presidente dei deputati Pd, poi dimessosi in seguito all'elezione al garante.

Bersaglio delle critiche renziane è anche il segretario, Pier Luigi Bersani, «non è stato di parola», «rispetto al mandato che aveva avuto all'assemblea nazionale del Pd». Perché le regole avrebbero dovuto consentire la più ampia partecipazione possibile invece, dice Reggi «è emerso che questo documento la limita fortemente».
A Bersani la scelta di ricorrere alle vie legali, non è per nulla piaciuta. «Le regole sono state approvate all'unanimità. Non le ha fatte io e ora spetta ai garanti farle rispettare», ha sottolineato il segretario. Roberto Speranza, coordinatore del comitato del segretario, dice di non comprendere «le ragioni di tanta preoccupazione», «perché nascondersi? Perché si è contro la trasparenza? Di cosa si ha paura?». Mentre il presidente della Regione Toscana, Enrico Rossi, scrive su Facebook: «Renzi vuole vincere a tutti i costi, anche con gli elettori del centrodestra in incognito», «ricorre contro il suo partito, come se fosse un esterno o un estraneo».

Tornano a farsi insistenti le voci su progetti di rottura con il Pd da parte del sindaco di Firenze. Mentre resta da capire cosa diranno le circolari attuative delle regole approvate dal collegio dei garanti. È stato stabilito che l'elenco dei votanti sarà di fatto pubblico, perché per avere il certificato di elettore della coalizione di centro sinistra, indispensabile per essere ammessi al voto, bisognerà sottoscrivere un pubblico appello di sostegno della coalizione, dichiarando di riconoscersi nella sua Carta d'intenti. Mentre sul luogo della registrazione le norme non sono così precise. I renziani hanno continuato a chiedere che la registrazione avvenga in luogo adiacente al gazebo dove si vota, ma diversi dirigenti Pd avevano chiesto che avvenisse in un luogo distinto. La questione è affidata alla discrezione del coordinamento operativo che deve monitorare le diverse fasi di organizzazione delle primarie e a cui partecipa, come invitato di diritto un delegato per ciascun candidato ammesso alle primarie.

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