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Questo articolo è stato pubblicato il 25 ottobre 2012 alle ore 20:22.

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Il caporale Tiziano Chierotti è il cinquantaduesimo caduto italiano nel conflitto afghano, colpito questa mattina insieme ad altri tre commilitoni del 2° reggimento alpini della brigata Taurinense in un attacco talebano nel villaggio di Siav, nella provincia di Farah.

Pur apparendo subito più gravi di quelle degli altri tre militari italiani, le condizioni di Chierotti, ferito all'addome, sembravano escludere il rischio di perdere la vita. Nato il 7 ottobre 1988 a San Remo, in provincia di Imperia, il caporale Chierotti era effettivo dal 2008 al 2° reggimento alpini di Cuneo. Lo scontro è avvenuto a 20 chilometri a ovest di Bakwa sede della base di "Camp Lavaredo" che ospita quanto resta della Task Force south east, il reparto italiano schierato nei distretti orientali di Farah dimezzatosi dopo il ritiro, nell'agosto scorso, dalla valle del Gulistan, dove la base "Ice" è stata ceduta a un piccolo battaglione afghano di 250 uomini affiancato da un pugno di consiglieri militari italiani.

Un plotone di alpini in pattuglia insieme a un reparto dell'esercito afghano sono stati attaccati con mitragliatrici e lanciarazzi, a quanto sembra all'interno del villaggio: una tattica utilizzata spesso nelle imboscate talebane per inibire, con la presenza di civili, la maggiore potenza di fuoco delle truppe alleate. Il comando italiano di Herat non ha comunicato se gli aggressori siano stati eliminati o messi in fuga ma ha reso noto che i militari hanno messo in sicurezza il villaggio evacuando i feriti con gli elicotteri all'ospedale di Farah City. In quel settore le evacuazioni sanitarie sono effettuate da due elicotteri statunitensi Black Hawk, uno dei quali ha poi probabilmente trasportato Chierotti nell'ospedale britannico di Camp Bastion ( a Helmand) più attrezzato di quello di Farah. Una corsa contro il tempo che non ha permesso di salvare la vita al caporale alpino. Non sembrano invece destare preoccupazioni le condizioni degli altri tre feriti, colpiti alle gambe.

Lo scontro di oggi conferma come i distretti orientali della provincia di Farah (Bakwa e Gulistan) restino i più caldi dell'intero Ovest afghano e non a caso da queste parti sono stati uccisi in due anni dieci dei 52 militari italiani deceduti in Afghanistan dal 2002 a oggi, inclusi i morti per incidenti e malori.

Paradossale che proprio questi distretti rientrino (insieme al settore di Bala Murghab, a nord) tra quelli dai quali gli italiani stanno ritirandosi o si sono già ritirati. Il Gulistan è stato evacuato in agosto ma la guarnigione afghana lasciata laggiù, in un'area sotto il controllo di talebani e milizie narcos (la valle è ricoperta di coltivazioni di oppio), viene avvicendata e rifornita dagli elicotteri alleati. Il 16 ottobre si è conclusa infatti l'operazione Grasshoppers, che ha visto il trasporto di un intero battaglione del 207° Corpo afghano da Farah alla base "Ice" impiegando ben quindici elicotteri inclusi sei da combattimento apache e Mangusta altrettanti CH-47 cargo messi in campo da italiani, spagnoli e statunitensi. Limitata a soli 2 Mi-17 la presenza afghana il cui esercito nell'Ovest dispone di soli 5 elicotteri nella base di Shindand.

L'avvicendamento e il rifornimento delle unità afghane in Gulistan deve essere effettuato per via aerea poiché la strada che congiunge la valle a Bakwa è troppo insidiosa per essere attraversata dai convogli, infestata da ordigni improvvisati talebani e a rischio continuo di imboscate ma è evidente che la riduzione e poi il ritiro delle forze alleate determinerà una cronica carenza di elicotteri che impedirà di rifornire l'avamposto. Del resto gli italiani stanno per abbandonare anche Bakwa da dove il ritiro era previsto nel marzo 2013 ma secondo molte indiscrezioni potrebbe venire anticipato a dicembre anche per ridurre i costi della missione afghana. Un ritiro che lascerà ai talebani maggiori margini di manovra per prendere il controllo delle strade locali difficilmente presidiabili da truppe afghane prive di mezzi protetti e antimina.

Dall'anno nuovo le truppe italiane resteranno presenti a Farah City, Bala Buluk e Shindand, di fatto a protezione del tratto di "Ring Road" (la principale arteria stradale afghana) verso Herat che consente i movimenti logistici necessari a far ripiegare progressivamente tutte le truppe verso Camp Arena, la base all'aeroporto di Herat che ospita anche il comando Nato a guida italiana. Nonostante le fonti ufficiali si sforzino di fornire un quadro rassicurante la sicurezza resta precaria in tutto l'Ovest e persino nella provincia di Herat dove le autorità afghane hanno da tempo la responsabilità delle operazioni militari e di polizia e dove martedì i talebani hanno sgominato in un'imboscata un reparto governativo uccidendo una dozzina di poliziotti e catturandone altri dieci. Quanto meno imbarazzante la coincidenza tra il caduto e i feriti registrati oggi dal contingente italiano e la figuraccia rimediata dai senatori che oggi non sono riusciti a essere presenti in Aula in numero sufficiente per discutere e ratificare l'accordo tra Roma e Kabul che sancisce il supporto militare italiano alle forze afghane dopo il 2014. Una pessima figura che ha indotto il sottosegretario agli Esteri Staffan De Mistura a esprimere tutta la sua amarezza già prima che venisse comunicata la morte del caporale Chierotti.

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