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Questo articolo è stato pubblicato il 30 ottobre 2012 alle ore 07:20.

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Oggi pomeriggio Fiat alzerà il velo sui conti del terzo trimestre. Non sono attese particolari sorprese: il Lingotto ha già fatto sapere che i risultati del terzo trimestre, che saranno esaminati dal cda martedì, «sono totalmente in linea con le stime dell'anno». Le ultime previsioni degli analisti evidenziano una media per l'utile netto di 250 milioni di euro, più che raddoppiato rispetto ai 112 milioni dello stesso periodo del 2011 (la forchetta è tra i 145 e i 330 milioni). Lo stesso presidente di Fiat, John Elkann, ha confermato che «per il 2012 confermiamo i risultati che sono in linea con quanto detto e che sono buoni risultati».

Tutti però aspettano con il fiato sospeso le parole di Marchionne sul piano industriale, da cui si potrà intuire qualcosa sul futuro degli stabilimenti italiani. Il pressing dei sindacati ieri si è intensificato. «Ci aspettiamo che nell'incontro Marchionne ci dica che utilizzerà tutte le potenzialità di Mirafiori e degli altri stabilimenti italiani per quei mercati che oggi vanno bene, come il Nord America - attacca il segretario generale della Cisl, Raffaele Bonanni - che la Fiat ci dica che cosa ha intenzione di fare, quale sarà la mission delle diverse fabbriche e che metterà mano all'innovazione per essere pronti quando il mercato si riprenderà».

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Per il segretario della Fiom Maurizio Landini «c'è bisogno di nuovi modelli, gli investimenti vanno fatti adesso. Se la situazione non cambia è a rischio la produzione di auto nel nostro Paese. Di annunci ne sono stati fatti tanti, sarebbe ora di avere finalmente atti concreti. Altrimenti - spiega Landini - saremo di fronte a un già definito progetto di progressivo depotenziamento della produzione nel nostro Paese. La Fiat dice che vuole restare in Italia ma a Pomigliano non fa rientrare i lavoratori e ricorre alla cassa integrazione».

Pochi giorni fa Marchionne è tornato a puntare il dito «sull'eccessiva e insostenibile capacità produttiva» in Europa chiedendo un'azione coordinata così come è stato fatto «per l'industria dell'acciaio negli anni Novanta» che eviti fughe nazionalistiche in avanti. Il manager invita così i leader del Vecchio Continente ad azioni coraggiose per seguire l'esempio degli Stati Uniti, che hanno approfittato della crisi per rendere il comparto più flessibile e capace di sopravvivere alle difficoltà. Occorre così qualcuno che «controlli il processo di avvicinare l'offerta alla domanda prima dell'emersione di di risposte nazionalistiche» e questo compito spetta all'Unione Europea.

Secondo le stime degli analisti, Fiat dovrà comunque rivedere gli obiettivi dei prossimi anni in modo drastico rispetto al piano industriale 2010, a causa della crisi finanziaria che ha colpito la zona euro, con le previsioni sul fatturato 2014 che scendono a 88,7 da 104 miliardi. Secondo la media delle previsioni raccolte da Thomson Reuters IBES con le elaborazioni di 12 analisti, il fatturato 2012 è atteso a 81,3 miliardi, sopra le attese, e l'utile a 3,7 miliardi, quindi leggermente sotto le previsioni. I ricavi 2013 sono previsti a 84,5 miliardi da 97 miliardi del piano 2010, quello 2014 a 88,7 miliardi da 104.

Intanto il peggioramento del mercato continua a mietere posti di lavoro. Ford ridurrà la propria capacità produttiva in Europa, esclusa quella in Russia, del 18% con 355mila vetture in meno e punterà a risparmi annui compresi tra 450 e 500 milioni di dollari. È il piano per fronteggiare la crisi europea annunciato dalla casa di Detroit, che ufficializza anche la chiusura di due impianti in Gran Bretagna, quello per il montaggio a Southampton, e quello per gli stampaggi e le lavorazioni meccaniche a Dagenham, oltre alla fabbrica di Genk, in Belgio, che verrà chiusa a fine 2014 (ma tutto ciò è «sottoposto al completamento degli accordi con i rappresentanti dei dipendenti»). I tre stabilimenti destinati alla chiusura occupano oggi 5.700 salariati. I tagli verranno accompagnati dal lancio di nuovi 15 modelli globali.

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