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Questo articolo è stato pubblicato il 02 novembre 2012 alle ore 08:41.

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Mario Balotelli sulla copertina della versione internazionale del Time, il più popolare e autorevole magazine statunitense. Potrebbe sembrare una burla da pesce d'aprile, perché il Time è solito dare uno spazio ai grandissimi protagonisti della realtà socio-politica planetaria.

E invece non lo è. Il Supermario nazionale, centravanti di sfondamento dell'Italia di Prandelli e dal 2010 del Manchester City di Mancini, chiude la fila della quale hanno fatto parte, tra gli altri, l'ex presidente Clinton, la cancelliera Merkel, il cavaliere Berlusconi, e un certo Lionel Messi, vale a dire il miglior calciatore in assoluto dai tempi di un certo Maradona.

A 22 anni appena compiuti, Balotelli è ormai un simbolo dell'Italia che scalcia per sembrare diversa agli occhi del mondo. Un piccolo principe in attesa della definitiva consacrazione sul campo che trova il modo di far parlare di sé, suo malgrado, anche per fatti che poco o nulla hanno a che vedere con una partita di pallone.

Dicono i due giornalisti del Time che sono volati a Manchester per realizzare l'intervista che sta già facendo discutere milioni di persone in tutto il mondo: «Abbiamo trovato un adulto intelligente e accattivante in cui è ancora ben visibile l'impatto di un'infanzia turbolenta». E ancora: «Abbiamo incontrato un Balotelli più perspicace e intelligente di quanto possa sembrare, ma pure glamour con i suoi splendidi orecchini di diamanti».

E sì, l'ex fenomeno dell'Inter non passa certo inosservato. Da sempre. Balotelli non teme nulla e nessuno. Il giudizio degli altri per lui è poco importante. Prima arriva Mario, poi tutto il resto. Nel bene e nel male, come capita spesso ai personaggi che sono destinati a dividere per quel loro modo di fare spesso fuori dalle righe. Fenomeni perché non allineati.

Diversi, perché mai uguali alle logiche della consuetudine. Al Time, Balotelli parla del suo mondo fuori e dentro il campo. Senza alcuna riserva, come da sua abitudine. Giocatore di colore in un'Italia che deve fare i conti quasi tutte le settimane con i cori allo stadio di tifosi razzisti nel pensiero e nella pratica del quotidiano, spiega che le cose tutto sommato sono migliori di come appaiono.

«Il razzismo è cominciato soltanto quando ho cominciato a giocare a pallone. Quando non ero famoso, avevo tanti amici, la maggior parte italiani». E' storia di qualche anno fa. Non c'era gara in cui Balotelli non ricevesse le "antipatiche" attenzioni di una parte della tifoseria avversaria.

«Non puoi farci niente contro quei pochi stupidi razzisti che ci sono in Italia. Spero di poter aiutare l'Italia a essere un paese moderno, come l'Inghilterra, come gli Stati Uniti».


Balotelli sogna in grande. Vorrebbe che il Paese che l'ha visto crescere e trasformarsi da splendida promessa in fuoriclasse di prima fila cominciasse a prendere esempio dagli Usa di Barack Obama, il cui esempio potrebbe contribuire e non poco a rendere l'Italia «più moderna». Fatto 30, si può fare 31. «Mi piacerebbe incontrarlo», dice il Mario tricolore e chissà che prima o poi non accada davvero che venga invitato alla Casa Bianca a prendere un caffè con il numero 1 degli Stati Uniti.

C'era una volta il Balotelli che finiva sulla stampa con una frequenza da superstar per via di follie al limite del comprensibile, anche per un ragazzo della sua età. Ma gli anni passano e le persone, se possibile, cambiano, fino all'eccesso. «Ormai non esco molto, sto sempre in casa – rivela al Time l'attaccante del City -. Problemi con i tabloid? Forse sono loro che hanno problemi con me. I paparazzi devono rispettare i miei spazi. Non mi interessa essere un modello. Voglio solo giocare a pallone».

Il manifesto di un fenomeno che ha deciso di voltare pagina. Per placare i fantasmi del cuore. Per offrire al figlio che verrà (Raffaella Fico sarà presto mamma) tutto quello che a lui è stato (spesso) negato.

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