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Questo articolo è stato pubblicato il 04 novembre 2012 alle ore 15:59.

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Il sindaco di Napoli Luigi De Magistris (Ansa)Il sindaco di Napoli Luigi De Magistris (Ansa)

Quel colpo di spugna sul passato è costato caro. Molto caro. L'operazione pulizia nei conti 2011 del Comune di Napoli, decisa dal sindaco Luigi De Magistris, ha prodotto un buco da 850 milioni di euro. Una voragine. Da dove viene questo gigantesco passivo? In buona parte dalla cancellazione di entrate fittizie che per anni erano tenute a bilancio: le varie tasse rifiuti, le multe e altri tributi locali mai riscosse, magari da decenni, e che le varie Giunte susseguitesi negli anni continuavano a segnare come entrate del Comune. Un bilancio tenuto per anni gonfiato.

Più volte il collegio dei revisori del Comune aveva segnalato il fenomeno degli ingenti residui attivi inesigibili o di dubbia riscossione che alimentavano il bilancio. E le agenzie di rating l'avevano segnalato. Fitch ad esempio aveva fatto notare a fine luglio scorso che i crediti di dubbia esigibilità del Comune erano almeno il doppio dei 230 milioni di euro indicati dal Comune. E Moody's ha motivato nei giorni scorsi l'ulteriore taglio del rating (già a livello spazzatura) proprio con la cancellazione delle entrate fittizie.

Ora le cose si fanno serie per il Comune che ha un debito come rileva Fitch per 1,6 miliardi pari al 120% delle entrate. Con la cancellazione dei crediti dubbi quel rapporto già alto non potrà che salire. E poi ci sono i fardelli delle municipalizzate. Bagnoli Futura, ad esempio ha perso 10 milioni nel 2010 dopo gli 8 milioni cumulati nel biennio 2008-2009. Metronapoli ha perso 4,9 milioni nel 2010 e altri 3,7 milioni hanno perso le Terme di Agnano. Ma al di là dei disavanzi cronici pesano debiti commerciali sulle aziende partecipate del Comune per 1,3 miliardi.

Ora toccherà a De Magistris trovare nuove fonti di entrata per tenere in piedi i conti di un Comune il cui debito è considerato da tempo come spazzatura dagli analisti di Moody's.
Ma Napoli è solo l'ultimo dei casi in cui le amministrazioni locali scoprono per incanto di avere a bilancio entrate fittizie.

Il caso Sicilia e il dissesto di Alessandria
Basti ricordare la crisi di liquidità che ha investito la Regione Sicilia l'estate scorsa. Il problema più che il debito era proprio la presenza come ha certificato la Corte dei Conti di una massa immensa di residui attivi cioè crediti della Regione non riscossi che si trascinano di anno in anno e che toccano la cifra record di 15,7 miliardi. Se la Sicilia provasse a fare pulizia cancellando multe e tasse rifiuti e quant'altro, mai riscosse e vecchie di anni, il bilancio probabilmente crollerebbe. Già perché a fronte di spese che si fatica (o che non si vogliono) tagliare, un minimo calo delle entrate, pulendo finalmente i residui attivi di dubbia esigibilità manderebbe in profondo rosso i conti, come è avvenuto nel caso di napoli.

Il fenomeno delle entrate artificiose non è solo di Comuni e Regioni del Sud. Basti pensare al caso di Alessandria. Il Comune è in dissesto finanziario e buona parte del crac viene proprio dal capitolo crediti dubbi. A fronte di un disavanzo stimato dalla Corte dei Conti per 37 milioni di euro nel 2011, perduravano a bilancio residui attivi per 7 milioni con ogni probabilità inesigibili visto i tempi trascorsi.

La verità è che molti comuni e regioni italiane in realtà stanno in piedi tenendo a bilancio sul lato delle entrate, importi di credito non riscossi negli anni sulla cui veridicità o meglio possibilità di incasso ci sono molti dubbi. In tempi di spending review si potrebbe cogliere l'opportunità di riequilibrare la contabilità di Comuni e Regioni: se davvero le spese dovessero scendere non c'è più bisogno di tenere artificiosamente alte le entrate. Ma le operazioni pulizia, pur benvenute, rischiano come nel caso di Napoli di far emergere buchi milionari. Una sorta di boomerang che molti sindaci e presidenti di Regione vogliono a tutti i costi evitare.

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