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Questo articolo è stato pubblicato il 07 novembre 2012 alle ore 06:36.

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Guerra fredda
HARRY TRUMAN 1945-1953
Democratico
Avviò la transizione al Dopoguerra e la battaglia dei diritti civili e si confrontò con il colosso sovietico.
Harry Truman, eletto come vice di FDR nel 44, è stato l'ultimo presidente americano a non avere frequentato l'università. L'economia ebbe un ruolo importante nei suoi sette anni e mezzo alla Casa Bianca, soprattutto la difficile riconversione postbellica e l'avvio della guerra fredda. Il suo nome tuttavia è legato, oltre che alla drammatica decisione di sganciare le bombe atomiche sul Giappone, alla politica estera, all'avvio della politica dei diritti civili, e alla difficile riaffermazione della supremazia dell'esecutivo sui militari. Wilsoniano e internazionalista convinto, fu Truman a condurre gli avversari repubblicani, già isolazionisti, a una visione comune di contenimento dell'espansionismo sovietico. Fu un Truman considerato già sconfitto alle elezioni del 1948 – le vincerà e bene, invece – a firmare nel luglio '48 l'ordine che desegregava le forze armate. Altre misure seguirono, riprese poi da Eisenhower, Kennedy e coronate infine dal Civil Rights Act del 1964. E fu Truman nel 1951 a sollevare il generale Douglas McArthur dal comando supremo nel Pacifico (guerra di Corea), per insubordinazione.

Distensione
DWIGHT EISENHOWER 1953-1961
Repubblicano
Accettò la «distensione» proposta da Krusciov, pur rafforzando al suo interno l'anticomunismo bipartisan
La statura politica del generale Dwight Eisenhower, comandante alleato in Europa, primo comandante Nato, presidente repubblicano dopo avere declinato la candidatura per il partito democratico, continua a crescere nelle pagine degli storici. Eppure il suo mandato, come quello di Truman, finì nelle polemiche. Fu il presidente che, nonostante la crisi ungherese e l'incidente dell'aereo spia U2, colse l'apertura offerta dal nuovo corso sovietico di Nikita Krusciov e accettò la politica di distensione, convinto che una corsa al riarmo avrebbe minato l'America. Fu questo, la messa in guardia contro il military-industrial complex, il suo messaggio di addio, nel gennaio '61. In politica interna svolse un ruolo-chiave: fu con Eisenhower che si cementò il grande compromesso per cui i democratici accettavano la linea di ferma opposizione al comunismo tipica dei repubblicani, e questi ultimi accettavano il New Deal. In una famosa lettera del 1954 rispondeva al fratello Edgar che si era fatto portavoce di ambienti texani decisi a disfare il New Deal, disse che tornare indietro, «sarebbe un grave errore». Quanto ai nostalgici «il loro numero è negligibile e sono stupidi».

IL CONFRONTO

Usa meglio dell'Europa
Il confronto tra i Paesi mostra come l'uscita dalla crisi sia stata più rapida negli Stati Uniti che nell'area euro, con l'Italia al di sotto della media europea.
La ripresa dell'economia americana è stata graduale ma costante, mentre l'occupazione ha dato segnali di recupero solo negli ultimi mesi.
La performance degli Stati Uniti è comunque stata superiore a quella europea grazie a un mix di fattori: una politica monetaria ultra-espansiva, con ben tre round di quantitative easing (acquisti di titoli di stato e obbligazioni legate ai mutui); una politica di bilancio altrettanto espansiva, soprattutto nei primi tempi, con il salvataggio dell'auto e sgravi fiscali per la classe media

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