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Questo articolo è stato pubblicato il 15 novembre 2012 alle ore 11:37.

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Nella cittadella dello sport c'era una volta una categoria che deteneva l'indiscusso primato dei licenziamenti facili ed erano gli allenatori del pallone. Oggi sono diventati quasi degli intoccabili.
E' il caso, per esempio, del triste Ferrara. Sette sconfitte di fila con la Sampdoria non sono bastate per negargli la fiducia. Il collega Pioli resta sulla panchina nonostante il Bologna sia in fondo alla classifica.

Conferma dal signor B. anche per Allegri, nonostante l'ennesima sconfitta dei rossoneri e la dodicesima formazione diversa messa in campo con il medesimo mediocre esito, a conferma che quando manca la materia prima non c'è alchimia tattica che tenga.
Tanta saggezza è figlia della crisi che impone di fare bene i conti quando si decide di stracciare contratti ai vari mister e alle loro folte corti di vice e preparatori. I già troppi stipendi da pagare raddoppiano. Solo Zamparini e Preziosi hanno dato prova in questa stagione di incrollabile coerenza facendo saltare le panchine e non è detto, soprattutto a Genova con Delneri, che non ci possano essere ulteriori sorprese. Il prossimo derby della lanterna ha il sapore amaro d'ultima spiaggia.

ll nostro calcio, in questi tempi di pochi soldi e stadi vuoti, pare aver fatto proprio il credo dello slow food e degli amanti del mangiar sano: per fare buona cucina calcistica meglio utilizzare prodotti coltivati in casa. Così le gazzette sportive dell'ultima settimana ci hanno fornito statistiche che dimostrano l'abbassamento dell'età media dei calciatori e il più frequente ricorso delle prime squadre ai rispettivi vivai.

Mister emergenti ma già emersi
A proposito di fatti in casa. Appartengono di diritto alla categoria i due allenatori più celebrati di questi tempi: Conte, che ha trionfato il primo anno e ora si ripete e Stramaccioni, il nuovo emergente che ridà tono a calciatori che si pensavano già sul viale del tramonto e bene li assembla con i nuovi nerazzurri.
I due non solo occupano le cronache sportive, ma sono inseguiti anche da cronisti della cosiddetta cronaca bianca e dai fotografi a caccia di gossip. Di loro sappiamo tutto o quasi e i due hanno bene imparato a recitare nei ruoli imposti da tanta fama.
Così Conte rompe (?) il silenzio imposto dalla cattività che lo costringe sino a dicembre in isolate stanzette degli stadi e recita a soggetto. La panchina? Mi manca a tal punto che mia moglie me ne ha comprata una da tenere in casa. La Juve? Grande squadra con troppi nemici che l'assediano. I giornalisti? Tifosi che ce l'hanno con la Juve perché vince. Crozza? Bravo nella mia imitazione, ma ho fatto la sua fortuna perché i miei tormentoni fanno tendenza.

Altro che i vecchi e ruspanti allenatori d'un tempo che ingoiavano bocconi amari per conto dell'intera squadra o al più si producevano in corse da gag comica verso le curve nemiche, come quel monumento di simpatia che risponde al nome di Carletto Mazzone.
Questi sanno ciò che fanno e dicono in ogni istante, compreso Stramaccioni che se la cava alla grande con quella faccia da ragazzo per bene che entra in casa in punta di piedi. Guardate quel naso arricciato quando lo paragonano a Mourinho. È da eccellente attor giovane, così come la smorfia permalosa quando qualcuno si azzarda a definire provinciale il comportamento della sua squadra e poi spensierato il suo coraggioso assetto tattico.
Perciò capisce al volo che quelle "accuse" sono un'onda di consensi e vanno cavalcate. Proprio da spensierato provinciale, Stramaccioni si presenta a passeggio con la moglie nel centro di Milano con un look che fa la gioia dei fotografi. L'abito fa il monaco, s'è detto il giovane mister. Così alla celebre immagine di Mourinho a passeggio in via Montenapoleone con una tuta che pareva un abito da sera ha sovrapposto la sua tuta così larga, così da divano e pantofole, tutta grinze da ogni lato. Un casual con l'ombra di tamarro, spiegano i nipoti a quelli della mia generazione. Per il giovane allenatore è un eccellente pretesto, un altro modo di dire: io sono io e non sono erede di nessuno, l'era di Mourinho è finita.

Allo stesso modo Conte alza stizzito le spalle di fronte all'evocazione dei mostri sacri della panchina juventina, dal Trap a Lippi: quest'intensità di gioco è tutta e solo mia, ringhia con quel sussurro da afono cronico che già usa come un marchio di fabbrica.
Il Conte furioso e lo Stramaccioni permaloso hanno mosso i primi passi, ma sono già esperti di comunicazione. Allenatori del presente e del futuro, meditate. Buon campionato a tutti.

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