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Questo articolo è stato pubblicato il 23 novembre 2012 alle ore 06:38.

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Determinato come quando ha imposto la tregua ad Hamas, Mohamed Morsi ha dato una nuova spallata alla transizione egiziana: a un colpo sulla scena internazionale ne segue uno su quella interna. Dimesso il procuratore capo della Repubblica, uno dei sopravvissuti più impopolari del vecchio regime; nuovo processo a quegli ufficiali di Mubarak che avevano represso i moti di piazza Tahrir, e che il procuratore aveva assolto; nessuna corte potrà più revocare i decreti presidenziali.

Non è un golpe ma una riaffermazione di potere in una realtà istituzionale sempre incerta. Anche se per Mohammed Elbaradei, uno dei capi dell'opposizione, Morsi è «un nuovo faraone». Le opposizioni non obiettano sulle decisioni prese ma sull'assenza totale di consultazione con loro. La Commissione costituzionale che sta scrivendo la nuova carta fondamentale - dovrà anche definire, limitandoli, i poteri presidenziali ora illimitati - non potrà più essere dissolta come era già accaduto. Indipendentemente dai ricorsi, avrà tempo fino a febbraio per completare il lavoro che dovrà essere confermato da un referendum. Al Cairo sono di nuovo scesi in strada i sostenitori e gli oppositori del presidente. Chi è dunque l'uomo apparentemente più importante della regione: un dittatore in costruzione o un riformatore?

«Go Trojan!» disse Morsi al presidente americano nel loro primo incontro, in settembre. Obama aveva studiato ad Harvard ed è un appassionato di basket. Ma non c'è americano che non conosca la squadra più vittoriosa del campionato college di football, i troiani della University of Southern California. È dove nel 1982 Mohamed Morsi ha preso un Ph.D. in ingegneria. Per quanto già da giovane esibisse la sua morigeratezza islamica, anche lui si incontrava con i compagni sotto "Tommy Trojan", la statua del guerriero in mezzo al campus.

Mohamed Morsi non ha dell'America un'idea mediata: ci ha vissuto per cinque anni. È un fondamentalista ma degli Stati Uniti ha sviluppato simpatie e rifiuti. Interesse per un sistema economico e sociale che predilige l'impresa individuale allo Stato: è il modello economico della fratellanza. E convinzione che il sistema politico e la morale che la sua democrazia sottintende, non siano compatibili con la storia e i costumi egiziani.

È questa esperienza una delle ragioni dell'«alto livello di sincerità» che si è sviluppato nel rapporto personale fra l'egiziano e Barack Obama, secondo la descrizione di Essam el-Haddad, il consigliere di politica estera di Morsi. La tregua su Gaza che i due hanno imposto, tiene. Israele e Hamas restano sul chi vive ma l'americano e l'egiziano hanno fatto in modo che il cessate il fuoco diventasse per tutti una necessità ineludibile. I cieli sopra Gaza e il Sud d'Israele ora sono liberi: coperti dalle nuvole, non più dagli ordigni. Quel che conta è che la tregua tenga e la diplomazia avvii qualcosa di nuovo.

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