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Questo articolo è stato pubblicato il 26 novembre 2012 alle ore 06:36.

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This is the end, si potrebbe scrivere di Taranto al cospetto di un giudizio così drastico che l'ha fatta rotolare all'ultimo posto della graduatoria sulla Qualità della vita. Mai come in questo caso, però, la sua fine (apparente) coincide con il suo inizio (reale). Tutte le iniziazioni vanno celebrate da un officiante, come insegna la grecità di cui Taranto è imbevuta.

Tra i tanti cantori della città adagiata sul mare viola dei greci, non si può non citare Guido Piovene, lo scrittore vicentino autore a metà degli anni 50 di un celeberrimo «Viaggio in Italia»: «Questo porticciolo orientale, questa popolazione di pesci e di molluschi, è uno dei miei migliori ricordi italiani; e così nell'insieme il ricordo di Taranto, città di mare tersa e lieve, tanto che passeggiandovi sembra di respirare a tempo di musica».

Quella che conobbe Piovene era la città arsenale, la città dei due mari ritagliata su misura da una natura generosa sfruttata per le operazioni belliche della Marina militare. Scriveva Piovene: «Taranto marinara giunse in tempo di guerra a impiegare 15mila operai. Con un'attività ridotta, con l'arsenale declinante, la disoccupazione si presenta grave». Due affermazioni dello scrittore vicentino hanno attraversato gli ultimi 57 anni per riproporsi come un mantra nella Taranto contemporanea: il respiro della città, avvelenato dalle emissioni dei quattro poli industriali (Ilva, Eni, Cementir e quel che rimane dell'Arsenale), che allo stesso tempo hanno riversato nel mar Piccolo quantità così imponenti di metalli pesanti e mercurio da costringere le autorità sanitarie a vietare tassativamente la coltura delle cozze in quella zona; e la mancanza di lavoro, la condizione di minorità che insieme all'inquinamento sta in cima ai pensieri di ogni famiglia, di ogni ragazzo, di ogni donna tarantina.

L'ultima posizione è aggravata dalla pessima performance generale delle province pugliesi, che hanno monopolizzato la coda della graduatoria nazionale: quattro di loro si trovano negli ultimi otto posti, un po' meglio fa la sola Lecce, 91ª. Un quadro che dovrebbe impensierire Nichi Vendola e la sua squadra di fedelissimi da sette anni alla guida della Regione.

Taranto, come sempre, fa da detonatore. Vieni «in quell'angolo di mondo che più di ogni altro allieta», come scriveva il poeta romano Orazio, scegli un ristorante a caso fra la città nuova dalle linee umbertine e la città vecchia dalle suggestioni arabe, scegli un gruppo di commensali e ritrovi, una dopo l'altra, le ansie di una città che nel Novecento ha rappresentato per il Sud la certezza di un futuro manifatturiero. Chi ha un parente stretto ammalato. Chi è senza lavoro. Chi ha i figli disoccupati.

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