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Questo articolo è stato pubblicato il 27 novembre 2012 alle ore 21:16.

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Tutte le 23 lingue d'Europa sono uguali. No ai bandi di concorso pubblicati solo in inglese, francese e tedesco. La Corte di Giustizia europea ha annullato una sentenza di primo grado che li ammetteva. Per l'Italia, che ha presentato il ricorso, e per l'uso dell'italiano è una vittoria politica ma anche una rivincita. Perché è sul trilinguismo di fatto che domina nelle istituzioni che si fonda anche l'impianto del sensibile dossier del brevetto europeo. Che andrà avanti comunque col regime della cooperazione rafforzata, senza Italia e Spagna unite nella contestazione appunto del trilinguismo. Ma il principio fissato dalla Corte peserà.

Il ministro degli Affari europei, Enzo Moavero, parla di «importante vittoria». D'accordo il ministro degli Esteri, Giulio Terzi, secondo cui la sentenza è una «grandissima soddisfazione». E la definisce «una pronuncia di fondamentale importanza» perché dimostra che l'Italia non si è opposta «per arbitrio nazionalistico» ma perché la «difesa del principio di non discriminazione linguistica» è «un elemento sostanziale per la stessa ragion d'essere dell'Unione».

E tra i partiti esultano tanto il Pd (per Farinone ha «probabilmente influito il profilo più europeo del governo») quanto la Lega Nord (per Morganti "era ora che venisse spodestato il trilinguismo"). L'eurodeputato leghista Giancarlo Scottà lega le due questioni dell'italiano nel bando di concorso e nei brevetti: il giudizio della Corte Ue, dice, è «una vittoria importante per i nostri cittadini, dopo l'amara sconfitta che abbiamo subìto sul brevetto europeo, rimasto trilingue, con gravissime conseguenze per le nostre aziende».

Per i giudici di Lussemburgo che hanno esaminato il ricorso, la scelta di pubblicare un bando in sole tre lingue costituisce effettivamente «discriminazione basata sulla lingua» cosa che invece non era stata riconosciuta in primo grado con la sentenza del 13 settembre 2010. La decisione di oggi comunque non rimette in discussione i concorsi svolti, «al fine di salvaguardare il legittimo affidamento dei candidati selezionati».

Il caso contestato è partito nel febbraio e maggio 2007 quando vennero pubblicati sulla Gazzetta Ufficiale dell'Unione e solo in francese, inglese e tedesco, i bandi di selezione per personale nel settore dell'informazione, della comunicazione e nei media. In essi si chiedeva la conoscenza "approfondita" di una delle 23 lingue e la conoscenza "soddisfacente" di una tra tedesco, inglese e francese. Lingue in cui si sarebbero svolti i test di preselezione, nonché le prove scritte del concorso.

La Corte ha ragionato per sillogismo: visto che è obbligatoria e «senza alcuna eccezione» la pubblicazione dei bandi sulla Gazzetta Ufficiale in tutte le 23 lingue ufficiali, anche quei bandi lo dovevano essere. I giudici comunque hanno sottolineato l'ovvio, ovvero la conoscenza di inglese, francese e tedesco che oltre alla propria lingua madre è fondamentale per lavorare nelle istituzioni europee.

Semmai bisogna stabilire principi chiari per non favorire chi è anglofono, francofono o germanofono per nascita. Ecco perciò che i test si potranno fare in lingua madre, ma anche il riconoscimento che «le conoscenze linguistiche costituiscono un elemento essenziale della carriera dei funzionari».

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