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Questo articolo è stato pubblicato il 02 dicembre 2012 alle ore 22:43.

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Bersani, una vittoria e le sue responsabilità. Pierluigi Bersani ha vinto una partita che negli ultimi due giorni non offriva più molte incognite. Si era capito che questa sarebbe stata la conclusione, benché la percentuale del segretario è stata più alta di quanto si potesse immaginare. Nuovi voti attratti con idee innovative? Non proprio. Diciamo che è accaduto quello che era prevedibile. Bersani ha ripreso la gran parte dei suoi voti, più una fetta consistente di quelli di Vendola, più altri dai rimanenti due candidati usciti al primo turno, Tabacci e la Puppato. Renzi il suo exploit lo ha fatto una settimana fa: lì ha dimostrato la sua presa sull'elettorato d'opinione, al di fuori degli apparati, lì ha fatto valere la sua freschezza politica e in particolare la sua eccellente bravura come comunicatore televisivo.

Però al secondo turno Bersani era imbattibile. Ha giocato l'esperienza, non meno che l'interesse degli apparati e dei quadri del Pd. E adesso? La domanda vale per entrambi, per il vincitore come per lo sconfitto. Perchè nonostante tutto si potrebbe dire, con un paradosso, che dalle primarie non escono un vincitore e uno sconfitto. Escono due personaggi che sono entrambi necessari, in ruoli diversi, s'intende, al rinnovamento del centrosinistra e a definire un'efficace strategia per il governo di domani.

Il candidato premier e i suoi primi passi. Ricapitolando. Bersani ha vinto e guiderà il centrosinistra. Ma dovrà tener conto di quello che insegnano queste primarie. Con i consensi a Renzi intorno al 40 per cento, con percentuali molto buone al sindaco di Firenze raccolte nelle zone "rosse" (soprattutto al primo turno), c'è qualcosa da rivedere nell'offerta politica del Pd. Bersani da oggi dovrà essere un po' diverso dal Bersani sornione e pacato che abbiamo conosciuto fino a ieri. Il voto delle primarie dice che il Pd deve rinnovarsi e che il segretario-candidato non può essere l'uomo che garantisce gli apparati e i quadri, in sostanza un ceto politico ramificato nel paese. Questo voto è stato un monito a Bersani e al gruppo dirigente. Un monito che si è avvertito soprattutto al primo turno, ma che non può essere ignorato. C'è bisogno di una nuova sintesi: gli elettori hanno detto che la deve fare Bersani (Renzi probabilmente non ne sarebbe stato capace), ma comunque va fatta e in tempi brevi. L'asse con Vendola, con cui il segretario ha vinto le primarie sul piano numerico, non è sufficiente per acquisire nuovi voti, per dare l'idea di una sinistra occidentale. Occorre coinvolgere Renzi e le sue proposte: non sarà facile, perchè la politica è fatta anche di quote di potere che devono essere distribuite. Ma non c'è altra strada. Bersani ha tutto l'interesse a gestire la nuova fase con Renzi. E quest'ultimo? Dov'è oggi l'interesse di Renzi?

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