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Questo articolo è stato pubblicato il 05 dicembre 2012 alle ore 13:52.

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C'è una relazione strettissima tra crisi economica e gioco d'azzardo. L'impresa del gioco è fra le pochissime a non subire gli effetti del crollo finanziario. Basta darsi un'occhiata intorno per capirlo. Le famigerate sale slot stanno crescendo a macchia d'olio, da quando sull'Italia è piombato l'incubo recessione. C'è una slot machine ogni 150 abitanti, nel nostro Paese.

E le storie di vite ai margini, di persone rovinate da quel videopoker dove si rifugiano per sfuggire da chissà cosa, si consumano sulle cronache quotidiane. Tanto che nelle ultime settimane si è discusso dell'ipotesi di ripianificare la collocazione di sale bingo e slot, per evitare la loro presenza vicino a scuole, ospedali e luoghi di culto. Allontanare il demone, era il motto.

Ora, invece, l'azzardo arriva dritto dritto nelle case degli italiani.
Da lunedì scorso, infatti, mille nuovi siti di gioco on line (videopoker, texas holdem e tutto il resto) sono a portata di click. Basta un codice fiscale e una carta di credito per puntare comodamente dal divano di casa. Niente più sgabello da bar, occhiatacce ai passanti curiosi, gettoniere rumorose che dicono se la macchinetta è stata generosa oppure no. Ma tutto, tranquillamente, sul proprio pc, magari al caldo di un focolare.

Mille nuove concessioni per una legge di un paio d'anni fa che, evidentemente, nessuno ha cercato di ostacolare. Forse anche in virtù del fatto che in Italia il gioco ha un fatturato che vale il 5% del Pil. Una manna dal cielo, di questi tempi. E poi le concessioni agli impresari del gioco d'azzardo fruttano alle casse dell'Erario qualcosa come 8 miliardi l'anno, senza contare le tasse sulle vincite. Una miniera d'oro, insomma.

Gli italiani e l'azzardo, poi, sono vecchi amici. Le italianissime Lottomatica e Sisal sono ai vertici della classifica mondiale di categoria. Quella del gioco d'azzardo è la quinta industria del Paese, secondo il sottosegretario all'economia, Gianfranco Polillo.
Ogni cittadino italiano, in media, spende il 13,5% del suo reddito in scommesse e giochi. Azzardopoli, termine coniato da Libera per un suo recente dossier, ha fruttato alle casse dello Stato 79.8 miliardi di euro nel 2011. E il business è business, anche in un Paese dove si stimano, secondo Libera, 800mila persone «dipendenti da gioco d'azzardo» e quasi due milioni di «giocatori a rischio».

Piomba nell'inferno dell'inutilità, adesso, l'azione della barista di Cremona che ha spento le slot per salvare i suoi clienti. Ed è uno smacco per quelle donne di Pavia che hanno manifestato per sensibilizzare l'opinione pubblica sul dramma dei loro mariti malati da gioco, delle loro famiglie.
In fine, un dato che non può essere tralasciato: l'infiltrazione mafiosa. Ben 41 clan malavitosi (fra mafia siciliana, ‘ndrangheta e camorra) sono entrati con prepotenza nel settore dell'azzardo. Non è un caso che il 9% dei beni sequestrati alle organizzazioni criminali sia composto da sale da gioco e agenzie di scommesse.
Da lunedì ci sono mille nuovi motivi per alzare la guardia.

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