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Questo articolo è stato pubblicato il 09 dicembre 2012 alle ore 16:33.

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Nonostante l'astensione del Pdl è stato approvato alla Camera il testo del decreto sui costi della politica locale, incassando così il via libera del Parlamento. Le misure draconiane più volte annunciate sono state addolcite e di fatto si è allentata la stretta sulle Regioni.

In particolare viene ridimensionato il ruolo di controllo della Corte dei Conti che infatti non potrà fare nessun controllo preventivo di legittimità sui singoli atti di Regioni ed Enti locali, come previsto inizialmente dal decreto, anche se potrà ancora bloccare i programmi di spesa.
I tagli sui numero dei consiglieri e assessori regionali ci sono senza alcun dubbio mentre più controversi e da verificare quelli alle loro indennità, ossia agli stipendi ed emolumenti. In entrambi i casi d'ora in poi i numeri verranno rapportati a parametri virtuosi di riferimento.

Nel caso del numero dei Consiglieri e degli Assessori regionali verrà calcolato in base al numero degli abitanti. Il taglio va effettuato entro sei mesi come già previsto dal decreto anti-crisi dell'estate 2011. Più articolati e in fieri i tagli sulle indennità: ad esempio gli stipendi vanno calcolati in base al parametro stabilito dalla Regione più virtuosa. E' stato introdotto un tetto massimo per cui i Presidenti non potranno guadagnare più di 13.800 euro lordi al mese e i Consiglieri non potranno sforare gli 11100 mensili.

Tuttavia il testo indicando un tetto massimo di fatto lascia ancora un certo margine per fare lievitare le indennità seppur a partire dalla base più virtuosa.

Assumendo l'Emilia Romagna come benchmark virtuoso, un suo consigliere regionale percepisce un'indennità di funzione di poco più di 3000 euro netti mensili a cui si aggiungono circa 2300 euro mensili di rimborso spese sostenute per le attività connesse all'espletamento del mandato, per un totale di 5300 euro mensili, si evince che c'è un margine di oscillazione. Questo meccanismo si potrà verificarlo nella sua efficacia fin dai prossimi mesi anche grazie all'introduzione dell'anagrafe patrimoniale.

Comunque è una misura che tra taglio agli stipendi e riduzione dei posti, solo in termini di indennità nette, consente un risparmio di 60 milioni all'anno rispetto agli attuali costi. Poi c'è la riduzione relativa all'assegno di fine mandato, la cosiddetta buonuscita, i cui parametri devono essere fissati entro il 10 dicembre. Insomma si dovrebbe mettere fine a casi che hanno fatto clamore .

Rispetto al passato non sarà più possibile sommare e cumulare indennità o emolumenti, un sistema ampiamente utilizzato ad esempio nel Lazio. Inoltre vengono cancellati i vitalizi, ed è importante che siano proprio cancellati e non aboliti, una distinzione terminologica determinante. Infatti un emendamento "ad personas" rendeva inapplicabile la norma "ad personam", cosiddetta anti Batman pseudonimo del consigliere del Lazio Fiorito, alle Regioni che li avevano "solo aboliti". Poiché ad eccezione dell'Emila Romagna che li aveva cancellati, per tutte le altre i vitalizi erano solo aboliti il nuovo testo licenziato dal Parlamento ha dovuto provvedere alla cancellazione tout court. Così non potrebbe più darsi e verificarsi il privilegio, previsto dalla legge, delle pensioni contributive senza limiti di età e mandato.

Le pensioni, fermo restando che non spettano prima dei 66 anni e senza avere fatto almeno dieci anni di mandato, saranno calcolate solo con il metodo contributivo. Anche i gruppi consiliari, come i consiglieri e gli assessori, dovranno pubblicare sul sito della Regione a cui afferiscono, tutti i contributi ricevuti. A proposito è prevista l'interruzione dei rimborsi elettorali ai gruppi consiliari nel caso di scioglimento anticipato del Consiglio regionale. Insomma ci sono più vincoli rispetto al passato in grado di arginare, non certo di debellare, quei comportamenti emersi negli scandali che hanno riguardato i Consigli regionali di Lazio e Lombardia. In ogni caso ci saranno sanzioni per le Regioni che non si adegueranno ai tagli: si vedranno decurtare una quota dell'80 per cento dei trasferimenti statali, ad eccezione di quelli destinati alla sanità e al trasporto pubblico locale.

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