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Questo articolo è stato pubblicato il 10 dicembre 2012 alle ore 12:40.

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Il Giappone va alle urne in recessione (Reuters)Il Giappone va alle urne in recessione (Reuters)

Un Paese in recessione va alle urne mentre soffiano venti di populismo, tra le disaffezione degli elettori per i partiti tradizionali: il premier - dopo poco più di un anno di Governo - decide di convocare elezioni anticipate subordinando però le sue dimissioni all'approvazione di una importante legge finanziaria ma rinunciando all'attesa riforma della squilibrata legge elettorale in vigore.

Suona familiare? Il Paese in questione è il Giappone, che da oggi si può definire in recessione tecnica, corrispondente alla definizione generica di due trimestri consecutivi di Prodotto interno lordo a passo di gambero. Se infatti il Pil del terzo trimestre 2012 è stato confermato in contrazione dello 0,9% sul trimestre precedente (-3,5% annualizzato), il dato sul secondo trimestre è stato rivisto al ribasso a una lieve contrazione dello 0,03% (rispetto a un dato preliminare di crescita dello 0,1%).

Il 16 dicembre si tengono le elezioni per la Camera Bassa, dopo che il primo ministro Yoshihiko Noda ha deciso a metà novembre di convocare il popolo alle urne anticipatamente, come promesso già dall'estate scorsa quando ottenne il consenso dell'opposizione al piano per una aumento progressivo dell'imposta sui consumi a partire dal 2014.

Tra i dati rilasciati oggi, due di essi sono migliori delle previsioni: il suprplus delle partite correnti in ottobre è sceso solo del 29,5% rispetto a un anno fa a circa 377 miliardi di yen, mentre la fiducia nel settore dei servizi è migliorata a novembre (ma non quella dei consumatori). A questo punto, si rafforzano le aspettative che la Banca del Giappone, già il 20 dicembre prossimo, possa decidere qualche ulteriore mossa di allentamento della politica monetaria. L'attuale capo dell'opposizione e probabile futuro premier, il leader del partito liberaldemocratico Shinzo Abe, ha fatto delle pressioni sulla banca centrale (per una politica più aggressiva) uno dei punti-chiave della campagna elettorale in corso.

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