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Questo articolo è stato pubblicato il 16 dicembre 2012 alle ore 08:12.

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È un mondo che cambia. La Fed punta ora a ridurre la disoccupazione e si spinge a dichiarare il livello da raggiungere, la Bce inonda Eurolandia di liquidità e porta il suo bilancio oltre i 3mila miliardi di euro, e il nuovo governatore della Bank of England fa l'ultimo passo e inizia a discutere se abbia ancora senso avere un obiettivo di inflazione.
È il segno che la crisi ha travolto anche la politica monetaria, dunque. Nel senso, evidente da tempo, che le banche centrali hanno dovuto adottare misure straordinarie e non convenzionali, ma anche nel senso, più ampio e più nuovo, che le autorità monetarie stanno ripensando il loro ruolo nell'economia. Si prospetta un cambio di paradigma quindi, in preparazione di una nuova normalità.
Quanto sta accadendo in Gran Bretagna dà la misura delle cose. Il governatore designato, l'attuale presidente della Bank of Canada Mark Carney, in un discorso a Toronto sulla guidance - il modo di plasmare le aspettative degli operatori economici - ha di fatto argomentato a favore di un superamento dell'attuale sistema dell'inflation targeting, adottato esplicitamente in Canada e in Gran Bretagna (e in molti altri Paesi), sui generis in Eurolandia e di fatto negli Stati Uniti. Nel suo intervento, molto utile per far il punto del dibattito sulla politica monetaria, Carney ha ammesso che può essere necessario mantenere un orientamento espansivo anche se l'inflazione sale sopra l'obiettivo; e l'esperienza recente gli dà ragione. Si pensi, per ricordare solo un episodio, agli effetti del caro petrolio nel 2008, che spinse la Bce ad alzare i tassi proprio mentre l'economia frenava anche a causa di quei rialzi del greggio. Analogamente, e in senso inverso, le banche centrali hanno tenuto tassi bassi molto a lungo, prima della crisi, probabilmente perché non hanno tenuto conto di quanto abbia inciso l'aumento della produttività sui prezzi, abbassandoli. In piccole economie aperte - ma in parte anche in Eurolandia - l'inflation targeting ha spesso spinto le banche centrali a muovere i tassi in linea con i prezzi dei beni importati. Non è stata esattamente una scelta felice...
L'inflazione, insomma, è un fenomeno molto più complesso del semplice aumento dell'indice dei prezzi. Per aprire strade nuove, secondo Carney, una prima possibilità è allora dichiarare insieme un obiettivo di inflazione e uno di disoccupazione. È qualcosa di molto simile a quanto ha fatto la Fed mercoledì, sulla base di una proposta avanzata nel 2011 dal presidente della Fed di Chicago Charles Evans. Ben Bernanke ha in realtà ricordato che l'obiettivo della banca centrale di Washington resta quello di mantenere l'inflazione al 2% nel lungo periodo e di perseguire la «massima occupazione». Per i prossimi mesi, però, ha fissato due «indicatori stradali» (guidepost): i tassi bassi verranno mantenuti fino a quando l'occupazione resterà sopra il 6,5% e i prezzi previsti «a uno o due anni» non supereranno il 2,5 per cento. Non sono obiettivi, anche perché sono temporanei, ma gli somigliano molto.
Carney è però andato oltre. Si è spinto alle frontiere della politica monetaria così come viene discussa in accademia dagli economisti. Ha auspicato di adottare come obiettivo un livello (crescente) di pil nominale (Ngdp, in inglese), calcolato cioè a prezzi di mercato (e non depurato dall'inflazione come si fa di solito quando si parla di prodotto interno lordo).
Cosa significa? Significa che quando, a causa di una recessione il pil (nominale) cala, la banca centrale può tollerare più inflazione - e qui sta il nodo della questione... - per compensare la minore crescita, e per fare in modo che l'economia recuperi tutto, ma proprio tutto quel che ha perduto. Si pensi a Eurolandia. Il suo pil nominale è cresciuto per anni a un ritmo stabile del 4,5% annuo. Questo era del resto l'obiettivo implicito, dichiarato solo in modo criptico, della Bce (lo schema proposto da Carney non è infatti puramente teorico). Aveva così raggiunto i 9,16 miliardi annui a settembre 2008, per poi scivolare fino a 8,9 miliardi con la crisi e tornare a 9,5 a settembre 2012. Se avesse proseguito lungo il "vecchio" sentiero - se la crisi, insomma, non ci fosse stata - il pil nominale avrebbe raggiunto a fine estate quota 11 miliardi. Bene: questo sarebbe stato, in un regime di Ngdp-level targeting, l'obiettivo della Bce per settembre 2012. Non sarebbe bastato quindi far tornare l'economia a una crescita del 4,5% (2% di inflazione, 2,5% di crescita reale, in media), ma sarebbe stato necessario anche "azzerare" gli effetti della crisi.
Schemi astratti? Per ora sì, anche se in fondo si tratterebbe di correggere ed esplicitare orientamenti già seguiti: lo strumento da adottare è il "diluvio" di liquidità, sostenuto però da un obiettivo esplicito che plasmi le aspettative degli operatori economici e sia rinforzato quindi dai loro comportamento. Il primo passo è stato compiuto: il Cancelliere dello Scacchiere di Londra, George Osborne, ha dato il benvenuto al dibattito aperto da Carney (che invece ha lasciato fredda la Bank of England, timorosa dei costi di questa politica in termini di maggior inflazione). È il primo "parliamone" del mondo politico.
Di sicuro la proposta di Carney non cade nel vuoto. Tra gli economisti il dibattito sulle regole della politica monetaria è aperto da tempo, sia a causa delle decisioni pragmaticamente prese dalle banche centrali sia per la necessità di costruire un "dopo crisi" che tenga conto degli errori compiuti. Proprio il tema del pil nominale, non nuovo, è stato ripescato e messo al centro di ampie discussioni portate avanti dal gruppo dei monetaristi di mercato - un po' diversi dai "monetaristi" rigidi a cui normalmente si pensa, ma altrettanto ortodossi - guidati da Scott Sumner e Lars Christensen - ed è poi rimbalzato tra economisti di impostazione un po' diversa come Christina Romer (o anche Paul Krugman). Ad agosto, al simposio annuale della Fed di Kansas City a Jackson Hole Michael Woodford della Columbia University, uno dei maggiori esperti di politica monetaria, ha proposto sia lo schema adottato giovedì dalla Fed («Sarebbe un importante miglioramento dell'attuale politica di comunicazione», ha detto) sia il Ngdp level targeting.

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