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Questo articolo è stato pubblicato il 17 dicembre 2012 alle ore 22:18.

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Gianni Brera con Gianni Rivera (Olycom)Gianni Brera con Gianni Rivera (Olycom)

Ma i difetti ce lo fan piacer di più come ripeteva con un ghigno un altro "provinciale", Giorgio Bocca , che ricordando il suo carattere ruvido e indisponente diceva: "Brera era una carogna; una simpatica, intelligentissima carogna".

Tolto il rospo, di Brera restano tantissime cose, perfino troppe sia per un giornalista (sportivo?) che per uno scrittore. Dopo la guerra imboccò subito il giornalismo che lui definiva "la scorciatoia dei poveri". Ma per Brera una scorciatoia meravigliosa. Amava lo sport, e amava raccontarlo. Lo conosceva bene e in più, rispetto ai colleghi, aveva una cultura sconfinata che gli permetteva di mischiare il sacro col profano, la citazione dotta con il dialetto lombardo, la scienza con la storia, la Pedata con l'osso buco e il Barbaresco Come si dice oggi Brera era "trasversale", mischiava i generi e inevitabilmente stupiva con le sue invenzioni linguistiche e i suoi indimenticabili neologismi.

Gianni Rivera era l 'abatino. Con lui, sulle sue scarse doti atletiche, condusse una polemica infinita che in fondo fece bene a tutti e due perchè ancora adesso se ne parla. Brera era anche un grande polemista, che dando titoli ai giornali divideva tifosi e lettori. E i soprannomi accendono la fantasia: Gigi Riva è Rombo di tuono. Poi c'è il pensieroso Osvaldo Bagnoli che Brera chiamava Schopenhaurer per il suo inguaribile pessimismo. Una girandola di nomignoli che si intrecciano con i suoi marchi di fabbrica: incornare, contropiede, disimpegno. E vogliamo parlare del verbo uccellare, nel senso di ingannare l'avversario con un virtuosismo? Troppo bravo, troppo avanti.

In più Brera aveva quell'attaccamento alla terra, quella sua rabbia lombarda di "dimostrare che la lingua della Padania non è inferiore al Toscano" scrive ancora Andrea Maietti ricordando che il Maestro si presentava così: « Il mio vero nome è Giovanni Luigi Brera. Sono nato l'8 settembre 1919 a San Zenone Po, in provincia di Pavia, e cresciuto brado o quasi fra boschi, rive e mollenti Io sono padano di riva e di golena, di boschi e di sabbioni. E mi sono scoperto figlio legittimo del Po".

Che ne dite? Sembra l'inizio di una saga nordica, da ascoltare davanti al fuoco del camino mentre fuori s'alza la tramontana. Brera è un formidabile affabulatore che, con la scusa di raccontarci storie di pedatori e di grimpeur , ci porta tra le nebbie del villagio padano a riprenderci una vita non omologata dai consumi.

Le radici sono tutto diceva Brera. Amava la terra, ma senza essere nostalgico perchè ne conosceva la fatica e ricordava la cinghia stretta della campagna. E alla "Dama Bianca", la compagna di Fausto Coppi, che "rognava" perchè lui nella sua biografia insisteva sulle origine contadine del Campionissimo, Brera rispondeva con ironia: "Fausto e io siamo principi della zolla".

Non solo calcio. Brera ha scritto di tutto: atletica, boxe, ciclismo e Olimpiadi. Era stato anche nel 1949 giovanissimo, direttore della Gazzetta dello sport dopo un fortunato reportage dal Tour de France vinto proprio da Coppi.

Ma Brera era soprattutto un grande solista. Un solista che che dava lustro all'orchestra. Aveva tempi suoi. Si alzava alle undici dopo aver fatto l'alba nelle osterie imponendo che si parlasse meneghino o dialetto Lombardo. Ma negli anni de "Il Giorno" e de "Il Guerrin Sportivo" scriveva trecento cartelle al mese. E nessuno si è mai lamentato per un ritardo. Poi lavorò anche per "Repubblica" e per "Il Giornale". Lavorò anche per la televisione al Processo del Lunedì. Capì subito che il calcio stava diventando soprattutto un fenomeno televisivo, ma le sue belle pause, qui erano meno gradite. Quel mondo stava già girando troppo in fretta. Per sua fortuna non ha visto il peggio. Chissà cosa avrebbe detto degli "urlatori" o di quei colleghi in servizi permanente effettivo per una squadra o l'altra.

Cosa avrebbe detto, il Brera? È la domanda fatidica che tanti, nostalgici o critici, ogni tanto si pongono ancora. Come tutti i grandi maestri, Brera ha lasciato tanti allievi che però, lentamente, hanno dovuto imparare a camminare da soli.

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