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Questo articolo è stato pubblicato il 20 dicembre 2012 alle ore 16:12.
Non sarebbe morto di infarto ma di immunodepressione e immunodeficienza causate da sostanze tossiche presenti nel suo organismo. Sarebbe questa la sconvolgente novità contenuta nella terza perizia ordinata all'Università di Roma dalla Commissione parlamentare di inchiesta sui rifiuti, che dopo anni di indagini ha voluto vederci ancor più chiaro sulla morte del capitano Natale De Grazia, che proprio oggi avrebbe compiuto 56 anni.
Il comandante De Grazia morì il 13 dicembre 1995, improvvisamente, a Nocera Inferiore, mentre era in viaggio da Reggio Calabria a La Spezia nell'ambito delle indagini relative al traffico di rifiuti tossici e/o radioattivi: lì avrebbe dovuto raccogliere importanti deposizioni e documenti nautici relativi ad affondamenti sospetti nel Mediterraneo, in particolar modo di fronte alle coste calabresi. Le indagini gli erano state delegate dall'allora capo della Procura di Reggio Francesco Scuderi. Quel giorno in viaggio con lui si trovavano anche il pm Francesco Neri, titolare delle indagini, l'autista e il suo collega Nicolò Moschitta.
Secondo le prime due perizie il capitano morì dopo aver consumato un pasto in una stazione di servizio sull'autostrada Salerno-Reggio Calabria. Il certificato di morte riporta come causa del decesso la generica motivazione "arresto cardio-circolatorio". Il suo corpo fu sottoposto ad autopsia solo dopo una settimana dal decesso e presso l'ospedale di Reggio Calabria, anziché di Nocera Inferiore dove era deceduto. Agli esami autoptici non è stato concesso di assistere al consulente medico della famiglia che chiese di ripetere gli esami. La seconda autopsia fu assegnata allo stesso perito che condusse la prima e i risultati di questi ulteriori esami, che confermarono ovviamente i dati della prima, furono trasmessi alla famiglia dopo circa dieci anni.
La conferenza stampa annullata
Era questa la novità clamorosa che avrebbe dovuto essere annunciata oggi in conferenza stampa dal presidente della Commissione parlamentare d'inchiesta, Gaetano Pecorella, che però all'ultimo momento l'ha annullata perché, tra le altre cose, non era stata avvertita a Reggio Calabria la vedova di De Grazia, Anna Vespia, che correva così il rischio di apprendere le novità – contenute in una perizia di 5 pagine alla cui stesura si è arrivati dopo circa tre mesi di lavoro – dai media. Ma non sono queste le uniche novità che avrebbero dovuto essere discusse intorno alla morte di quel capitano integerrimo che a partire dal 1994 collaborò attivamente con il pool investigativo della procura di Reggio Calabria, sciolto a distanza di pochi mesi da quel decesso.
Il capitano Natale De Grazia avrebbe trovato nella casa di Giorgio Comerio, faccendiere investigato per smaltimento illecito di scorie radioattive, un'agenda con l'appunto "Lost the ship" ("nave persa") il 21 settembre 1987, il giorno in cui affondò una nave, la Rigel (a largo di Capo Spartivento, che si trova nel Comune di Brancaleone, Reggio Calabria). Quel giorno, secondo quanto stabilito dall'International maritime organization, affondò solo quella nave. Comerio è l'ingegnere ideatore del progetto Odm (Oceanic disposal management) che – secondo quanto si legge nel sito del Comitato De Grazia – "prevedeva di stipare rifiuti radioattivi in siluri (telemine) da sparare sotto i fondali marini con l'ausilio di navi". Gli investigatori di Reggio Calabria, tra cui De Grazia, avevano ipotizzato che Comerio avesse trattato, a questo scopo, l'acquisto della motonave Jolly Rosso. Nel corso delle indagini De Grazia ed i suoi collaboratori, maturarono la convinzione che la Jolly Rosso doveva essere affondata al largo del Golfo di S. Eufemia (Catanzaro) per smaltire un carico di rifiuti pericolosi e per lucrare sul premio di assicurazione. Il 14 dicembre 1990, però, la nave si arenò sulla spiaggia di Amantea in località Formiciche e il carico della nave sparito, forse seppellito nell'alveo del fiume Oliva, poco distante dal luogo della spiaggiamento. Dopo una prima archiviazione l'inchiesta è stata riaperta dalla procura di Paola nel 2004 ma per mancanza di prove è stata di nuovo archiviata a maggio 2009 perché l'ipotesi accusatoria non fu supportata. Dunque nessuna prova, tutte le ipotesi cadute (comprese quelle delle telemine) e tutti i protagonisti innocenti, a partire da Comerio.
Tutto si riapre?
Ora il caso delle navi dei veleni è destinato verosimilmente a riaprirsi (dopo le festività natalizie sarà presentato un dossier da parte della Commissione bicamerale) anche perché il battagliero commissario Alessandro Bratti (Pd) non era già convinto prima delle conclusioni della Procura, figuriamoci ora che si trova davanti una nuova perizia. "Alcuni fatti accaduti sono sconcertanti – dichiara al Sole 24 Ore online – e soprattutto dopo le numerosissime audizioni che nel corso di questi anni abbiamo fatto, appare chiaro che non sono mancati depistaggi e sviamenti. Si figuri che i servizi segreti ci hanno consegnato una marea di carte inutili, alcune delle quali semplici ritagli di giornali con sopra la scritta secretato. Una beffa. Ma la cosa che al momento appare più inverosimile è che non coinciderebbero le coordinate degli affondamenti di alcune navi poi ritrovate, come la famosa Catania affondata nel 1917 e rilevata nel 2009, laddove si credeva potesse essere invece ritrovata la Cunsky, una delle cosiddette navi dei veleni".
Comerio e la morte di fonti
Le indagini verosimilmente potrebbero ricevere nuovo impulso anche perché Bratti è convinto che debba essere ancora fatta luce "sugli interessi che in quegli anni avevano i servizi segreti deviati, ‘ndrangheta e Cosa nostra nell'affondamento e interramento di sostanze radioattive". Da questo punto di vista a mistero si aggiunge mistero. Comerio, ad esempio, che si è sempre chiamato fuori da torbide vicende, non è stato mai ascoltato da nessuno. "Noi ci abbiamo provato in tutti i modi – spiega al Sole 24 Ore Bratti – ma è per anni è stato impossibile rintracciarlo. E' spartito dall'Italia e solo pochi giorni fa abbiamo scoperto che è in Tunisia, dove proveremo a raggiungerlo". Di qui a farlo parlare il passo è lungo, soprattutto perché la legislatura volge al termine.
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